UNA STRANA PESCATA NEL CAPANNO
Avevano accettato l’invito di alcuni amici di Anita per una pescata nel capanno con le reti a bilancia nelle valli di Comacchio e conseguente frittura del pescato che si fosse riuscito a catturare.
Il programma per gli invitati, che nell’occasione dovevano essere Macrelli, Scarponi e Foschini, si presentava assai gradevole ma per qualcuno la “sfiga” aveva confezionato una vigilia da non dimenticare facilmente tanto che Macrelli doveva disertare la serata.
Il Presidente GPS, infatti, in un incidente proprio per andare ad Anita qualche giorno prima a pescare, aveva distrutto l’auto.
Anche Scarponi il giorno prima era stato tamponato in auto ed era costretto al rigido collare per i postumi.
All’appello della “sfiga” sembrava mancasse qualcuno.
Ma quando se ne accorse provvide quel giorno stesso a infierire anche su Foschini.
Arrivati sul luogo di pesca, dopo aver attraversato le valli passando per strade buie e sconosciute, gli amici del GPS trovano alcune persone tra le quali alcuni vecchi bracconieri di valle intenti a raccontare le scorribande giovanili della pesca di frodo.
Qualcuno ricordava quando andavano a pescare le anguille di notte nelle paludi e a cacciare anatre e nello stesso tempo ad essere loro stessi cacciati dalle guardie.
Nel frattempo in un camino esterno la legna bruciava richiamando con la luce ed il calore nuvole di zanzare e non solo.
Mentre la legna bruciava per diventare brace mentre il sottoscritto adocchiava la rete che ogni tanto veniva recuperata ma la tanto decantata frittura di valle non era sufficiente per sfamare lo stomaco di Scarponi e Foschini lasciato vuoto per l’occasione per tutto il giorno.
I due amici del GPS si guardavano preoccupati anche perchè la fame cominciava a farsi sentire fino a rasentare il dolore.
Nel frattempo arrivò al capanno un signore pieno di rughe in volto e dall’andamento un pò trasandato il quale da una busta estrasse della carne da cucinare sulla griglia.
La brace intanto si era formata e la graticola era già pronta per l’uso.
Lo stesso omaccione rugoso e trasandato con le sue mani ruvide ingranfò la carne e la mise adagiata su quelle graticole annerite e ingrassate di olio ristretto da chissà quante precedenti cotture.
Di li a poco la carne arrivò sulla tavola e dall’apparenza dava l’idea che non si sarebbe fatta masticare facilmente.
Il rosso della carne, ancora semi cruda, veniva interrotto dalle righe di nero dell’impronta del marchio della graticola.
I commensali provarono a servirsi.
Le poche salsicce scomparvero in un batter d’occhio.
Nel piatto centrale erano rimaste alcune fette di carne dallo strano colore rossonero “milanista” che i presenti non hanno saputo dire di quale tipo di bestia fosse stata: maiale?, vitello? agnello?, bohh, chissà.
Nemmeno dal sapore si riusciva ad intuire qualcosa perchè la graticola, mai pulita e mai lavata, aveva trasmesso alla carne diversi aromi che ne confondevano il sapore.
La carne infatti sapeva di un pò di tutto, se così si può dire, di carne mischiata a pesce e verdure.
Un mix di odori e sapori che poteva essere sfruttato per un programma a quiz televisivi.
Intanto la signora sfiga stava lavorando in silenzio per regolare i conti anche con Foschini.
Una fetta di carne, infilzata da Viller, non voleva assolutamente farsi tagliare, eppure i coltelli erano affilati.
Addirittura, ad un certo punto, ci sembrò di sentire un belato.
Fu quel tetro lamento a farci capire che Viller aveva nel piatto un pezzo di pecora.
D’altra parte se la carne fosse stata di maiale si sarebbe udito un grugnito.
Scarponi vide con i suoi occhi sbarrati di stupore.
La pecora non voleva saperne di farsi infilzare da Viller il quale ormai esausto e sempre più nervoso, dopo siffatto lavorare, abbandonò a se stesso l’animale che sembrava muoversi nel piatto.
I due affamati del GPS dovettero completare la cena per ammazzare la fame rosicchiando un pezzo di pane ferrarese tra l’altro di quello duro che scorticava le gengive.
Il ritorno in auto fu drammatico.
Per alcuni chilometri regnava il silenzio.
Scarponi che riuscì nell’impresa di ingoiare un pezzo di quella carne, ovviamente senza riuscire a masticarla, probabilmente era la stessa pecora che Viller cercava di infilzare, aveva la sensazione che nello stomaco si muovesse qualcosa come se un animale vivo si scuotesse disperato al suo interno.
Per calmare l’animale imbestialito i due amici si dovettero fermare in un bar di Anita per ingoiare una buona dose di “torci budella” ma per digerire forse occorreva del tritolo liquido.
Solo in quel modo l’animale che scorazzava all’interno dello stomaco di Scarponi riuscì a calmarsi.
Forse l’alcool lo aveva steso addormentato o forse addirittura morto avvelenato.
Riuscirono così a trascinarsi fino a casa ma molto scossi per quanto accaduto e in un orario da non immaginare.
Al mattino seguente Scarponi giurò di non ritornare mai più a pesca nel capanno. Meglio la canna.
Morale: attenzione, la carne si può anche mangiare al sangue ma assicurarsi che l’animale non sia ancora vivo.
Parola di Foschini e Scarponi.
Anita Settembre 2002