UN CARPODROMO ATIPICO
TECNICA ROUBAISIENNE
Un carpodromo “atipico”
Fuori dagli schemi ordinari del carpodromo, ma con una varità di pesci che induco ad un’attenzione particolare e soprattutto ad una pesca più ragionata. Vediamo come affrontare agonisticamente questo tipo di ambiente.
Testo e foto di Giovanni TODESCO
Quando si parla di carpodromo, viene in mente una struttura popolata solamente e abbondantemente da carpe, dove le competizioni si svolgono a suon di decine di chili di pesce salpato in tre ore per fare il “piazzamento”. Luogo d’elezione per le robuste attrezzature specifiche quali canne di terza o quarta fascia, monofili grossolani ed elastici “da traino”. Differente è invece la realtà alieutica che abbiamo affrontato oggi venendo a pescare al lago Mezzaluna, un bel bacino situato in provincia di Roma a pochi km. dal G.R.A. Lo specchio d’acqua in questione è popolato sì da carpe di taglia media intorno ai 6-700 gr., ma anche da tanti carassi che rendono più tecnica e assai meno grezza la tipologia di pesca rispetto agli standard di carpodromo. Non mancano, poi, bellissime amur che fanno da jolly per coloro che, in competizione, riescono a metterli in nassa. Affrontare un ambiente del genere è tutt’altro che scontato in quanto le varianti possono essere molteplici e cambiare in funzione della stagione, ma anche delle improvvise condizioni atmosferiche. Una pesca, quindi, da seguire attentamente in gara, adattandosi velocemente alla situazione e soprattutto alla posizione dei pesci nella massa liquida. Ma andiamo ad analizzare nel dettaglio le diverse possibilità tecniche.
LA PESCA SUL FONDO
Dopo aver sondato accuratamente sotto la punta della canna, segniamo la misura del fondo sul kit attaccando l’amo sul pezzo inferiore e marcando sul carbonio la posizione del galleggiante con un pezzetto di nastro adesivo, avendo cura di annullare la tensione del filo la cui elasticità potrebbe falsare la misura del fondo. Perché tanta pignoleria? Perché in genere l’appoggio in terra dell’amo, è ridotto a pochissimi centimetri e la conoscenza esatta della profondità, che nel nostro caso è di 1,8 mt., è indispensabile per venire a capo di abboccate che con mezzo finale in terra, non scorgeremmo neanche. Scodellando 2 o 3 palline di bigatti incollati con della quarzite, e del mais, si crea sul fondo un punto di riferimento che poi va alimentato fiondando alternativamente bigattini sfusi e mais. L’innesco varierà poi in funzione della preferenza istantanea delle prede. E’ importante, soprattutto in gara, capire i tempi di risposta dei pinnuti alla nostra pasturazione: quando si fiondano esche nel punto di pesca, si deve leggere attentamente la risposta dei pesci ed interpretarla di volta in volta. Non diamo per scontato che la gara sarà a senso unico dall’inizio alla fine, ma cerchiamo di capire come e quanto i pesci mostrano di gradire le nostre offerte di cibo per poi regolarci di conseguenza. Lesinare nell’immissione di esche in acqua in un momento clou della competizione, può voler dire vedersi sottrarre le prede dai vicini di picchetto; al contrario esagerare con la roba nel momento sbagliato, porterebbe di sicuro alla saturazione della postazione di pesca. Le montature vanno costruite con monofilo relativamente sottile, siamo nell’ordine dello 0,10-0,12 mm., questo per agevolare il controllo della lenza in pesca soprattutto in presenza di vento ed in considerazione che la taglia media delle prede non è eccessivamente grande. Le grammature vanno dai 0,20 ai 0,75 gr. con piombatura distribuita in 30-35 cm. e costituita da pallini spaccati posti “a chiudere” verso l’alto. I finali spaziano da 0,09 a 0,11 mm., con lunghezza di 25-30 cm. A completare il tutto un amo dalla curva ampia ed il gambo medio del nr. 18 o 16, meglio se privo di ardiglione per l’innesco di 2 o 3 larve od anche di un chicco di granturco.
LA PESCA A GALLA
Il periodo è proprio quello giusto per effettuare la pesca a galla sui carassi del Mezzaluna che, in genere, si posizionano negli strati superficiali dell’acqua senza manifestarsi palesemente con giravolte in superficie, scie e gorghi, riuscendo a stare in 30-50 cm. di profondità senza dare segno della loro presenza. Ma allora come ci si rende conto che è arrivato il momento giusto per cercare i pesci in superficie? Da tanti piccoli segnali che dobbiamo saper interpretare in maniera corretta; e qui ci riallacciamo al discorso di prima sull’importanza di effettuare i cambiamenti giusti al momento giusto. Tanto per cominciare, se la percentuale di false tocche sale sensibilmente, potrebbe voler dire che i pinnuti si sono spostati a galla, e si avventano sulle esche che fiondiamo urtando sul filo. Basta allora prendere il kit equipaggiato con la lenza opportunamente montata, e tentare: montatura, quindi, con galleggiantino di 0,20-0,30 gr., con corta deriva in carbonio e antenna ben visibile, piombatura interamente raccolta sotto di esso con un solo pallino del 10 o del 11 sull’asola di giunzione con il terminale che, anche stavolta, sarà composto con dell’ottimo 0,09 mm. e lungo 25 cm. Nulla cambia per ciò che riguarda gli ami da impiegare che rimangono di misura compresa tra il 16 e il 20. La profondità d’azione spazierà tra i 30 ed i 60 cm. dalla superficie. In alternativa si può usare una lenza costruita con un galleggiante modificato tipo “miniwaggler” ovvero privato della deriva ed equipaggiato con una girella nella quale far passare il filo proprio come se fosse un galleggiante all’inglese. Con tale soluzione si ha il vantaggio di una più semplice manovrabilità in fase di ferrata in quanto la lenza non si accavallerà mai sull’antenna evitando così grovigli dovuti a ferrate un po’ troppo “ardite”. Di contro, però, questo tipo di montatura ha lo svantaggio di avere un assetto in pesca meno stabile di una di tipo tradizionale. Sia per la pesca a galla che per quella sul fondo, si possono equipaggiare i kit della roubaisienne con elastico di tipo tradizionale da 0,9 o 1 mm., oppure con elastico cavo da 1,6-1,8 mm. L’azione di pesca si svolgerà fiondando i bigattini sul galleggiante con ritmo cadenzato avendo cura di modularne la quantità in funzione della presenza di prede sotto la punta della canna, adottando l’equazione: più pesci in pastura=meno bigatti, evitando perciò di creare eccessiva frenesia alimentare che porterebbe alla percezione di false tocche dovute agli urti sul filo. Se si dovesse incappare in questo tipo di situazione, si può provare a stendere la lenza fuori dalla punta della canna dove, arrivando meno larve, i pesci li saranno meno frenetici. Quando invece si avranno pause nelle abboccate, si abbonderà nella pasturazione per attirare le prede, ma sempre tenendo a mente il concetto della ritmica. Di solito, nelle competizioni in laghetto, chi riesce a pasturare “con il metronomo” difficilmente ottiene piazzamenti insoddisfacenti. In sostanza quindi, si tratta di una tipologia di laghetto, peraltro ben presente sul territorio italiano, che marca la linea di confine tra la classica “vasca” piena zeppa di carpe, ed un ambiente più naturalizzato dove le specie presenti sono molteplici e l’azione di pesca, seppur ricca di catture, può risultare un po’ meno monotona.
COSA NON FARE
Nella pesca sul fondo, non è quasi mai consigliabile poggiare l’esca per più di 8-10 cm., pena l’aumento percentuale di pesci attaccati sul corpo con conseguente allungamento dei tempi di recupero e riduzione delle probabilità di portare a termine la cattura. Nella pesca a galla, invece, si devono evitare assolutamente le ferrate violente e scomposte che avrebbero conseguenze “in districabili” sulle nostre montature, basta solo alzare la canna delicatamente ma con prontezza di risposta sulla mangiata.