JACOPO FALSINI: UNA BANDIERA AZZURRA
Jacopo Falsini, forte agonista dell’Oltrarno Colmic nasce nel 1972, ed inizia a gareggiare dall’età di 16 anni con l’Apo Fly storica società di Firenze e dopo soli 4 anni entra nel club azzurro e si trasferisce nella società Oltrarno Colmic. I suoi punti di riferimento sono quei personaggi che hanno portato in alto l’agonismo toscano in Italia e nel mondo come Checco Casini, Simone Pabi, Andrea Ciabatti ai quali ha rubato i segreti per diventare un grande campione di pesca. Oggi Jacopo è un punto fermo della nazionale azzurra con la quale ha vinto diverse medaglie fregiandosi anche del titolo di campione del mondo individuale.
Vive a Firenze, convive ed ha due figli, lavora alla Colmic come responsabile Ricerca, Sviluppo e promozione del marchio.
Jacopo si è concesso al telefono per una breve intervista a Match Fishing.
JACOPO FALSINI E ALESSANDRO SCARPONI SUL CIRCONDARIALE
Caro Jacopo, sono Alessandro di Match Fishing, se non ti disturbo avrei una breve intervista da farti per il sito e Pesca In.
JF: Ciao Alessandro nessun problema sono in auto e sto rientrando ora da una pescata con l’amico e compagno di squadra Andrea Fini che sta abbioccandosi, Dimmi pure…
MF: Il Mondiale d’Olanda è alle spalle anche se non è del tutto sopita la delusione dell’ottavo posto.
A distanza di oltre un mese dall’evento proviamo ad effettuare una analisi su questo evento:
JF: si Alessandro, come hai detto te, la delusione è ancora viva in me ed in tutti i componenti del gruppo. Ci siamo preparati molto bene, ed anche se il risultato non lo testimonia a parer mio avevamo inquadrato bene la pesca e la condotta di gara. Pensa che con una impostazione simile alla nostra, la Slovacchia ha vinto il mondiale!!! L’unica strategia su cui non avevamo molte certezze era sulla pesca delle grosse breme. Purtroppo durante tutta la settimana di prove le breme erano state del tutto assenti in alcuni box di prova mentre in altri, venivano prese quasi tutti i giorni. Immagina una settimana di prove pescando in sei persone mattina e pomeriggio ne abbiamo prese soltanto cinque o sei. Abbiamo provato molte alternative ma nessuna ha dato risultati migliori su cui poter lavorare o perfezionare la tattica. Pertanto per la pesca a tredici metri, abbiamo deciso di fare un fondo durante la pasturazione pesante con sei sette palle scodellate di terra con della bentonite arricchita da fouilles, casters ed un pò di ver de vase: questo impasto molto tenace ci dava la possibilità di mantenere pasturato il posto a tredici metri per molto tempo. Avevamo valutato almeno la prima ora quando i gardons erano molto attivi che ci conveniva sfruttare al meglio la pesca a sette pezzi per poi provare ad uscire alla ricerca del pesce grosso dalla seconda ora in poi quando le abboccate a sette pezzi calavano. Sempre per la pesca alle brem avevamo deciso di continuare ad alimentare sempre con lo stesso mix, altre tre o quattro volte massimo per le restanti due ore di gara. Per la pesca a sette pezzi invece avevamo delle grandi certezze avendo avuto la possibilità di catturare molti pesciotti durante tutta la settimana di prove questo ci ha dato la possibilità di perfezionarci. Dopo aver fatto un abbondante fondo iniziale con pastura pochissima terra e pochissimo fouilles, siamo riusciti a selezionare la taglia innescando e fiondando dei raperini alternati a casters e bigatti.
JACOPO DURANTE UNA COMPETIZIONE INTERNAZIONALE
MF: Cosa hanno escogitato gli inglesi che gli italiani non hanno fatto?
JF: Beh intanto gli inglesi per loro conformazione mentale rischiano sempre tanto in gare importanti adottando soluzioni tecniche che a volte pagano ma a volte no. Per esempio gli inglesi in Olanda dopo una gara da podio il sabato non hanno saputo ripetere le stesse prestazioni alla domenica pur facendo le stesse cose. Loro, dopo circa un’ora di gara, hanno alimentato con una pallina di fouillis incollato alla distanza di 13 metri con la coppetta, poi, dopo dieci minuti ci andavano sopra per vedere se qualche breme grossa aveva accettato l’invito ed il primo giorno questa scelta ha dato un gran fatturato ad Alan e company.
MF: Noi cosa abbiamo fatto di diverso?
JF: Come ti ho già detto, noi, per la pesca alle brem, abbiamo alimentato solo durante la prima gara con terra e bentonite con fouilles e un pizzico di ver de vase rispetto alle palline di fouilles incollato degli inglesi. Dopo i risultati del sabato abbiamo corretto l’alimentazione con il fouilles incollato nella seconda prova quando le brem non erano più in attività o stavano digerendo l’abbuffata del primo giorno. Gli inglesi, però di diversamente da noi, hanno preso molti meno gardons, e quelli che hanno preso erano di taglia molto più piccola rispetto ai nostri. Nella pesca a sette pezzi hanno creduto in una pasturazione a base di terra e fouilles e ver de vase sull’amo.
MF: Ma cosa hanno questi inglesi più di noi italiani visto che sono sempre gli avversari da battere ad ogni evento internazionale?
JF: Personalmente, valutandola complessivamente non mi sento di poter dire che la nazionale inglese ha qualcosa in più di noi. A livello individuale hanno due o tre pescatori, Raison, Scotthorne e Gardner che sono sicuramente tra i più forti al mondo ma la loro mentalità di puntare sempre al risultato individuale spesso li penalizza. In tutti questi anni di nazionale ho notato che rispetto a tutte le altre nazionali hanno forse la capacità di capire prima degli altri il tipo di pesca da impostare, a partire dai primi giorni di prova. Mentre noi riusciamo a inquadrare bene la pescata, spesso soltanto negli ultimi giorni di prova. Forse tutto ciò è determinato dal fatto che essendo dei professionisti e pescando molto più di noi, quattro o cinque gare la settimana per tutto l’anno, sono più abituati a capire l’abitudine del pesce e come deve essere pescato in ogni situazione.
Non è questione di carica agonistica, come ho sentito dire ma proprio di idealizzazione delle tre ore di pesca e del tempo che dedicano alle gare. Noi italiani prima che a pescare pensiamo a lavorare loro invece fanno il contrario. Come carica agonistica noi italiani non siamo secondi a nessuno e lo abbiamo dimostrato in diverse occasioni.
MF: Un giudizio sul format introdotto per la prima volta quest’anno negli eventi internazionali..
JF: A me personalmente non piace, non lo dico perché con il vecchio sistema avrei vinto la medaglia di bronzo individuale, ma perché non disegna equilibri giusti nella composizione dei settori in quanto si possono verificare settori carichi di campioni e altri meno sfalsando gli equilibri in campo. Un mondiale è bello se tutte le squadre hanno la possibilità di sfidarsi tutte contro tutte. C’è più soddisfazione diventare campioni del mondo dopo avere battuto squadroni importanti. Fare un mondiale con meno squadre, arrivando alla finale attraverso le qualificazioni come si fa nel calcio non lo trovo giusto almeno finchè il numero complessivo delle squadre iscritte ad un mondiale rimane attorno alla quarantina. Se poi un giorno dovessero aumentare allora si troveranno le soluzioni necessarie.
JACOPO DURANTE LA PAUSA PRANZO NEL MONDIALE D’OLANDA
MF: Ritieni che il Club azzurro così com’è strutturato oggi sia ancora valido?
JF: Beh io credo di si. Chi entra nel giro del club azzurro acquisisce quell’esperienza necessaria per affrontare le competizioni a livello internazionale. E’ una palestra, se così possiamo dire, che aiuta a far crescere gli agonisti italiani ad un certo livello tecnico. Per cui credo che così com’è vada mantenuto. Ricordo quando sono entrato io nel club azzurro, giovane senza esperienza, pescando fianco a fianco con i campioni di allora sono riuscito ad emergere e a crescere acquisendo quell’esperienza che oggi mi serve per affrontare competizioni importanti come un mondiale.
JACOPO FALSINI SUL CAMPO GARA LAGE VAART IN OLANDA
Grazie Jacopo Falsini per la cortese disponibilità. Ti auguriamo un in bocca al lupo per i prossimi eventi agonistici.
JACOPO DURANTE LE PREMIAZIONI NEL MONDIALE D’OLANDA