A PESCA SUL BIDENTE CON MASSIMO SAMA
Dopo l’interminabile stagione delle piogge, prolungatasi anche in alcuni giorni della corrente estate, finalmente il caldo è arrivato prepotente facendo rimpiangere i giorni più freschi lasciati alle spalle.
In Romagna l’arrivo dell’estate coincide anche con la deformazione delle abitudini consolidate nei mesi “morti”;
le direzioni sono due: o verso il mare alla ricerca di un sicuro refrigerio oppure verso i monti ai bordi di un fiume, dove l’acqua scorre lenta in un percorso vecchio di millenni scavato tra rupi e sassi, cercando sprazzi di ombra regalata da boschi spontanei e rigogliosi.
Il Fiume per eccellenza dei romagnoli è il Bidente un lungo corso d’acqua che ha salutato più di qualche generazione regalando sfide infinite tra l’uomo e i suoi pesci.
Il caldo di questo agosto 2010 si è fatto sentire e molti appassionati della pesca pratica di fiume ne hanno abusato marcando visita quasi quotidianamente.
In ogni uscita sul Bidente è come assistere ad un film diverso con gli stessi attori ma con la trama e il finale sempre incerto tale da renderla emozionante in ogni occasione.
Il profumo dell’acqua che scorre spumeggiante nel suo sbattere sui sassi lascia poche persone indifferenti così come i colori offerti da una natura selvaggia che riempiono gli occhi fino ad accarezzare l’anima.
Il vento che soffia incanalato nel letto del fiume rafforza la beatidune che aumenta con l’approssimarsi delle ore del tramonto le quali coincidono sempre con l’aumento dell’attività del pesce.
L’evoluzione della fauna ittica ha costretto i pescatori ad un continuo adattamento delle proprie attrezzature e se ieri si usavano le canne fisse “fiorentine”, con vettino in midollo a cui legare una lenza che aveva sempre terminali super sottili, oggi ci si presenta con canne bolognesi con monofili decisamente robusti per avere speranza di vincere qualche battaglia con coloro che di fatto sono diventati i veri padroni del Bidente, i barbi.
Se negli anni 70 e 80 la pesca di classe era sul furbo cavedano negli ultimi dieci anni la pesca è diventata solo un fattore di forza sul grezzo barbo.
Ogni pescata sul fiume impone comunque di fare bene alcune cose: leggere i rigiri dell’acqua dove far correre le manciate dei bigattini da pastura e subito dietro accompagnare l’esca con la lenza; scegliere i posti nei quali si nascondono i grossi barbi sfruttando un intuito che si impara in nessun manuale ma semplicemente attraverso quel cosi detto “senso dell’acqua” che solo un vero pescatore possiede dentro di se.
Massimo Sama di Cesena non è solo un agonista della pesca al colpo, prima di tutto è un pescatore e meglio di altri, proprio perchè pescatore da sempre, sa riconoscere o meglio dire, leggere, un posto di pesca.
Non ha bisogno di tante imbragature, due canne, una sacca di bigattini, un guadino e una nassa.
Massimo è uno di quei pescatori all’antica rimasto fedele ai vecchi stivali alla coscia mentre il progresso obbliga la numerosa tribù dei fiumaioli a calzare woders alti fino allo stomaco.
Le lenze le costruisce sul posto dopo avere letto l’agire dell’acqua e con la sua proverbiale calma batte il posto di pesca fino a quando non raggiunge il suo obiettivo.
Nella finale del campionato italiano di pesca pratica in fiume ha pescato nel finale di una grande buca in prossimità di un argine coperto da vegetazione sporgente con la corrente dell’acqua che spingeva proprio verso quella vegetazione.
Nella profondità, di circa un metro, si nascondeva probabilmente la tana di qualche grosso barbo e il successo della pescata stava nel riuscire a presentare l’esca mischiata ai bigattini lanciati sfusi a mano proprio davanti l’ingresso della casa del barbo.
Prima o dopo l’incontro tra il barbo e la lenza si sarebbe consumato e così infatti è stato.
La lenza “sportiva” di Sama ha permesso di giocare ad armi pari con il barbo ed infatti nelle tre ore trascorse ha avuto modo di perdere anche delle sfide che se fossero andate a buon fine avrebbero anche potuto regalare qualche gradino del podio.
Filo dello 0,10 come terminale e amo del 21 sono state le armi di Sama per avere la meglio di grossi nerbuti barbi che una volta agganciati tirano come treni in corsa nel tentativo di strappare la lenza.
Le abboccate sono rare e la lenza alla fine di ogni passata viene rilanciata sempre nello stesso posto ancicipata sempre da una manciata di bigattini bianchi.
Per imbrogliare il barbo ogni tanto si gioca con lo spostamento del galleggiante sulla lenza tanto da modificare la lenza distesa sul fondale.
La canna bolognese è sempre pronta e anche la frizione del mulinello è regolata nel modo giusto per assicurare quello slittamento sufficiente per non strappare la lenza nella ferrata.
Lo scorrere dell’acqua ad una certa ora del pomeriggio rallenta e questo particolare non aiuta l’attività del pesce che ama la competizione alimentare specialmente quando la corrente è più sostenuta.
Con l’acqua che scorre più decisa anche la reazione del pesce è più veloce proprio perchè non ha troppo tempo per analizzare se dentro un bigattino c’è o non c’è un amo nascosto.
Il galleggiante sparisce, aspetto di vedere il pesce tirare sulla canna; caspita si piega vetta, sottovetta e il mulinello con la frizione è messo sotto stress.
Ci siamo questo è un pezzo da novanta e da fotografia..
La bellezza della pesca passa attraverso la sua esecuzione perfetta; Per non perdere il pesce Massimo si sposta di qualche metro per evitare che il grosso barbo trovi la strada verso sassi nascosti che gli assicurerebbero la liberta immediata.
Non sono pesci facili da domare questi barbi ma con la calma e la pazienza necessaria si possono vincere anche con fili “sportivi”.
Le sfuriate iniziali diminuiscono di intensità e questo è il momento di imprimere la svolta alla pescata.
Il guadino è già proteso verso l’acqua e la prima boccata di aria stordisce il grosso barbo che dopo poco, sfinito dalle precedenti battaglie, si lascia insaccare docile.
L’amico di questa sfida supera i due chili e ancora una volta il rituale sul fiume si è consumato assegnando la vittoria al pescatore.
Il vento della sera adesso è più fresco e lo scorrere dell’acqua che rumoreggia continuo nel silenzio del fiume scrive la fine ad un lungo pomeriggio sul Bidente.