A PESCA SUL LAGO DI LECCO
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi….
…Cosi iniziava il famoso romanzo di Alessandro Manzoni de “I Promessi Sposi”, e visto che è stato menzionato chissà quante altre volte, perché non andare a farci una visita per calare la lenza nelle sue chiare acque dove i cavedani sanno leggere e scrivere?
Il lago di Como o Lario formato da due grandi immissari; l’Adda e il Nera. Ha un’estensione di 145 Kmq. Una lunghezza di 46 Km, una larghezza massima di poco superiore ai 4 Km e un perimetro di 176 Km. La profondità massima è di 410 metri. A circa metà bacino si divide in due rami: quello di Como a occidente e quello di Lecco a oriente.
Come tutti i grandi laghi subalpini le rive e i fondali hanno conformazione assai varia: si incontrano rive rocciose a picco, ma anche spiaggia di ciottoli, qualche insenatura, scarsa vegetazione acquatica se non in punti particolari, massicciate e numerosi manufatti (dai porticcioli alle darsene, al lungolago in muratura o a ringhiera).
Il lago a Lecco offre tutte le possibilità della pesca al colpo: cavedani e pighi per chi tenta pesci di taglia grossa, alborelle per chi predilige la pesca veloce.
Nelle acque del Lario è presente una fauna ittica molto ricca e variamene distribuita: cavedani, alborelle, pighi, persici reali, lucci, trote, anguille, bottatrici, carpe, tinche, scardole, vaironi, triotti, agoni e coregoni.
Caratteristiche agonistiche
La fisionomia tecnica generale è determinata dalla presenza di cavedani, pighi ed altro pesce bianco, la cui cattura richiede una certa esperienza locale. Queste specie non sarebbero certo sufficienti a giustificare la fama del bacino di Lecco se ad esse non si sovrapponesse la presenza non continua e neppure uniforme, delle alborelle.
Notevole elemento di incertezza è il vento che, in un senso o nell’altro increspa spesso le acque del lago. Col vento si ha una condizione tecnica che non può essere proficuamente affrontata senza una specifica preparazione ed un adeguato allenamento.
Quando il lago è increspato dal vento, che non di rado crea delle vere e prozie onde anche se inferiori in altezza al mezzo metro, la percezione all’abboccata diventa difficile. I pescatori ricorrono a diversi accorgimenti. Con semplici increspature i galleggianti a forma di penna con astina lunga, forniscono sempre una segnalazione per affondamento, oppure per diversa inclinazione della parte sporgente. Con la certezza del pesce presente sia numeroso, le ferrate intervallate da tempi costanti, offrono un’ultima possibilità di parziale rimedio agli inconvenienti del “tivano” o della “breva”.
Malgrado gli accorgimenti sopradescritti, il pescato col vento scende alla metà ed anche meno, di quello catturato quando la superficie dell’acqua è piatta.
Alla mancanza delle alborelle e del cavedano i concorrenti devono dedicarsi alla cattura di altre specie. Esistono numerosi vaironi che in piccoli branchi gironzolano tutto l’anno nei pressi delle sponde. Si possono allamare uno o due soggetti, con canna fissa, ad ogni passaggio del piccolo branco. Difficilmente si trattengono sulla pastura ed il lancio di larve di mosca sfuse rischia di saziarli senza trattenerli. Nel periodo della frega, è abbastanza facile vederli seminascosti sotto i sassi della sponda, in mezzo metro d’acqua; la loro cattura, con larva di mosca colorata in rosso, oppure con ver de vase, non è immediata ma un breve periodo di attesa e sempre premiato. Questa pesca di emergenza, se attuata con continuità, può portare alla cattura di oltre venti-trenta vaironi nelle tre ore di gara, largamente superando le catture singole di un cavedano.
La stessa tecnica di cattura dei vaironi si applica ai triotti con analoghi risultati.-
Campo di gara
Le gare sono, di solito, disputate nel tratto compreso tra il ponte di Lecco e le località Belvedere e Lido, verso nord sulla sponda levante, nel tratto dal ponte di Lecco e Malgrate fino all’inizio delle gallerie, sulla sponda di ponente. Con gare ad elevato numero di concorrenti, il campo può venire ampliato fino ad Abbadia Lariana e Mandello Lario.
Il bacino di Lecco si può dividere, come campo di gara, in più zone. Ogni tratto può essere condizionato dal livello del lago. Circa l’altezza del fondo si può dire in generale che è quasi ovunque è pescabile a canna fissa, ma l’impiego della canna bolognese obbliga l’uso del galleggiante scorrevole. Il fondo è a sassi e ghiaia.
Molte zone in Lecco adibite come campo di gara sono agibili solo se il livello del lago e basso.
Ogni sponda del lago è costeggiata sempre, molto da vicino, da una strada che la pendenza dei monti e delle rocce circostanti ha costretto proprio sull’acqua. La sistemazione dei pescatori è a volte disagiata; costretti su pochi massi lambiti dall’acqua trovano difficoltà a collocare in posizione comoda l’attrezzatura e le canne di scorta.
Come tutti i laghi, anche quello di Lecco il vento rappresenta un fattore tecnico di primaria importanza sia che soffi il “tivano” o la “breva” i due venti quasi periodici del lago, possono influenzare in modo decisivo i risultati di una gara.
Ogni zona adibita a campo gara può essere diversa sia come sponda sia come fondale. Se però si divide per settori si può dire che questi siano abbastanza uniformi sia a terra sia in acqua.
Tecnica di pesca
In questi ultimi anni sul lago di Lecco le condizioni di pesca delle alborelle sono andate peggiorando, tanto che le autorità locali hanno emanato delle ordinanze che limitano la quantità pescabile, e i giorni di pesca, e bene informarsi in loco sui tempi e modi di pesca.
Telefonare alla FIPSAS (provincia di Lecco – via Mascari, 15 – 22053 LECCO – Numero di Telefono:
0341350117 Numero Fax: 0341351413 per chiedere eventuali permessi di pesca, prima di effettuare sopraluoghi e prove del campo di gara.
Anche se non è molto numerosa l’alborella in gara va sempre pescata. L’alborella del lago difficilmente richiede piombature e galleggianti molto leggeri. Normalmente si appende volentieri a lenze sorrette con galleggianti da un grammo. La pesca dell’alborella viene fatta con canne da 3-4 metri per arrivare a 6-7 metri. La taglia del pesce, quando è piccola, esige amo di n. 22-24 ma quando è grossa vuole anche il n. 18-20.
Un particolare di determinante importanza è la bocca del pesce o meglio la fragilità del labbro. Vi sono branchi di alborelle, per lo più a fine estate, il cui labbro viene tagliato netto da un amo sottile anche con ferrata morbida. In questa evenienza, disastrosa per il garista che non individua la causa della perdita del pesce o delle ferrate apparentemente fuori tempo, è necessario ricorrere ad ami non più extrasottili, ma normali.
Per la pesca di vaironi e triotti sono utilizzate le stesse montature preparate per la pesca dell’alborella. Con grammature un poco più leggere per i vaironi e, leggermente più pesanti per i triotti.
La pesca del cavedano viene praticata con lenze molto leggere: ø 0,12 sulla bobina del mulinello ø 0,10 sul basso di lenza per la piombatura ø 0,08 sul terminale. La canna fissa esige lenze un poco più robuste. Se la distanza di pesca lo consente si impiegano montature di portata inferiore al grammo ben distribuite lungo il tratto immerso della lenza. L’astina sui galleggianti è utile sia lunga, anche se poi la ferrata deve sempre essere fulminea e determinata dall’affondamento deciso del galleggiante. Nel caso della presenza di pighi, la piombatura viene concentrata verso il basso ed il galleggiante abbassato perché questa specie mangia bene anche con esca non sul fondo.
Pescando lontano da riva è facile trovare fondali superiori alla lunghezza della canna e, tenuto conto che il cavedano in acqua ferma abbocca solo se l’esca è posata sul fondo, è gioco forza ricorrere al galleggiante scorrevole e canne di tipo bolognesi. La piombatura sarà necessariamente appesantita anche se l’aumento del tratto su cui è distribuita le conserva una notevole insensibilità per il pesce.
La lenza munita di galleggiante scorrevole per pescare il cavedano ei i pighi sui fondali del lago, varia da 3 a 5 grammi a seconda della distanza che si vuole raggiungere. Viene costruita con montature di soli pallini, dello stesso numero (normalmente del n. 8 o n. 9), posizionati a una distanza regolare di circa 25-30 centimetri, ed aumentando sempre di numero fino a tarare il galleggiante.
Un’altra lenza, sempre per lo scorrevole, viene costruita con montature di soli pallini in numero crescente dal n. 10 fino al numero zero, continuando con il numero zero fino tarare il galleggiante, ed una distanza tra di loro di circa 25-30 centimetri, o anche superiore.
Esche & pastura
La larva di mosca carnaria è ancora la regina delle esche. Insostituibile per l’alborella lo è ancora di più per il cavedano, al quale viene somministrata anche come pastura.
Elemento importantissimo è la dimensione del cagnotto usato per la pesca dell’alborella. I più noti sono quelli chiamati botticelli, vengono usati quelli corti, duri e gommosi, che resistono bene, senza subire lacerazioni della pelle a parecchie abboccate. Anche il colore ha la sua importanza, il giallo è quello più gradito ma anche l’arancio a volte risulta più appetibile. E buona norma alternare il colore per verificare quale sia quello preferito in quel momento.
Ver de vase, nelle gare dove è consentito come esca, e del fouillis come pastura, sapientemente usato assicura delle catture altrimenti impossibili.
Larva di tipula, conosciuta col nome dialettale di gatoss, questa larva si presenta come un grosso bruco. Piuttosto grossa è gradita da tutti i grossi ciprinidi ed in particolare da pighi e cavedani. Posata sul fondo, consente catture di grossi pesci anche nelle giornate in cui rifiutano le altre esche. Per l’innesco, bisogna premerlo con le dita nella zona posteriore, in modo da far sporgere per intero la crestina e trafiggerla da parte a parte. Non si può foralo in nessun altro posto, altrimenti si svuota e resta un involucro vuoto.
La pastura per l’alborella è quella più impegnativa da realizzare. Normalmente è molto dolce, e deve essere chiara. Per realizzare un alone bianco vengono impiegati innanzi tutto il latte liquido, che serve anche per bagnare la pastura, oppure quello in polvere previo scioglimento in acqua; se inserito come polvere nella pastura si può avere un negativo effetto. Hanno un buon effetto imbiancante sia la crema di riso che il talco, entrambi conferiscono una certa collosità alla pastura e vanno impiegati con parsimonia.
E’ importantissimo saper inumidire bene la pastura. L’inumidimento della pastura ha lo scopo di assicurare la compattezza necessaria sia al lancio sia alla desiderata lunghezza della discesa in acqua prima di sciogliersi.
La pastura deve richiamare il pesce per la vista, trattenerlo con il sapore, eccitarlo all’abboccata, ma non saziarlo né schifarlo. La pastura deve far sperare al pesce un lauto pasto che non arriverà mai.
L’alborella di lago ne richiede molta, al minimo vuoto va via, resta solo in zone sottoposte a lanci frequenti e costanti.
La vera pastura per il cavedano è il cagnotto. Può essere mescolato (in elevata proporzione) a sfarinati che più o meno disgregati arriveranno sul fondo. Ingrediente base la farina di crisalide che, insieme a pane, farina di pesce ed altre farine, costituiranno una pastura tutt’altro che collosa e compatta.
Il bigattino, lanciato con la fionda, svolge una funzione stimolante essenziale, alla pastura resta solo quella di richiamo ottico, e di sapore poi nella zona circostante.
Condotta di gara
Sul lago a Lecco non vi sono mai dubbi: se l’alborella è presente, sotto con quella più veloci che si può!
Se manca si pesca il cavedano, sperando nell’arrivo delle alborelle con occhi bene aperti e canne pronte. La unica alternativa valida è la pesca col ver de vase per allamare qualche scardola, qualche persico e soprattutto quei vaironi che seppure radi gironzolano sempre qua e là.
I punteggi a Lecco sono variabilissimi da zona a zona: chi vince il settore con 5 chili di pesce e chi con 200 grammi (cioè con un cavedano solitario). Per fortuna che i settori sono solitamente da dieci concorrenti, che restringe l’arco in cui ogni pescatore compete, e gli consente di vedere a valutare durante la gara il pescato altrui.-
(scheda tecnica di Roberto Veronese)