NELLA PESCA CI VUOLE GENIALITA’: CAPACITA’ E VELOCITA’ D’INTUIZIONE

Bentrovati cari amici di Match Fishing, anche oggi, come ogni giorno, aprendo le pagine del “nostro” sito, appare subito evidente quello che da diversi giorni ormai trasuda da ogni articolo e cioè che siamo tutti lì, come cavalli con il morso tirato, in attesa solo del colpo di sperone che sciolga le briglie. La febbre da pesce sale e l’unico antipiretico disponibile lo possiamo trovare solo nel secchio della pastura o dentro nella sacca delle canne.

Fra pochi giorni, chi non ha già iniziato, inizierà e tutto è pronto: lenze, finali e canne, ma soprattutto……la roubasienne nuova fiammante, rigorosamente dello stesso modello che usa il nostro campione preferito e nonostante sappiamo benissimo che ormai ci sia ben poco da inventare, l’abbiamo comprata ugualmente perché…..la serigrafia di quest’anno è davvero innovativa.

Quando iniziai a far gare, molte di queste si basavano sulle alborelle e c’erano campioni che riuscivano a sfilare dall’acqua 1300/1400 alborelle nelle tre ore. Per ottenere quei risultati, oltre ad essere delle macchine, tutto doveva trovarsi esattamente al suo posto e niente andava lasciato al caso, perché perdere anche pochi secondi equivaleva a perdere la gara, spesso proprio per una decina di alborelle. Per la verità non mi sono mai piaciute molto le gare all’alborella, ma allora quella c’era.

Poi le alborelle si sono molto rarefatte ed è iniziata l’era del carassio, sparso in tutti i campi gara italiani. Per molti anni questi sono stati i pesci con i quali giostrare fra le più varie tecniche e quel bel periodo è stato caratterizzato dalla pesca con le bolognesi, con le canne fisse e solo dopo il “Mondiale” del 1985, con le inglesi, fino alla generale diffusione della roubasienne, che si è letteralmente impossessata del panorama agonistico.

Oggi questa canna, tanto amata dai noi garisti (ancor di più dai produttori), ha di fatto semplificato profondamente la pesca in gara, tanto che anche il solo paventare oggi ipotesi diverse, suscita un potente moto reattivo, facendo spesso passare il propositore come uno scandaloso incompetente. Ma siccome lo scandalo mi stuzzica e passare per incompetente non mi fa paura, voglio mettermi in gioco con delle riflessioni in proposito, chiamando ad un aperto confronto chi vorrà parlare di questo argomento.

Con la feroce sincerità toscana tanto cara a Curzio Malaparte, senza nascondermi dietro veli perbenistici, inizio esprimendo con ferma convinzione il mio pensiero, la dove ritengo concreto il rischio di rinchiudersi nel ghetto di una pesca a senso unico, come di fatto sta già succedendo e sono convinto che la causa di questo sia da ricercarsi fra coloro i quali preferiscono evitare di mettersi in discussione.

Personalmente invece credo che il valore di un agonista, o per meglio dire di uno sportivo, sia tanto più alto, quanto più lo stesso sia disposto a mettersi in discussione, nella ricerca dei propri limiti ed è questo che secondo me distingue il campione dal mediocre.

E quindi mi rivolgo a chi, come a me, piacerebbe vivere le proprie esperienze agonistiche in modo più ampio, dicendo loro: ma è proprio improponibile inserire nei nostri tornei, anche di livello come la serie “B” e la serie “A”, le prove tecniche?
Oppure improponibile è l’idea di doversi mettere in gioco?

Io sono convinto che se chiedessimo ai nostri campioni un parere su questo, resteremmo stupiti dalla loro risposta, perché sono sicuro che non avrebbero timore di confrontarsi con tecniche diverse…….Perché sono campioni veri e il loro mezzo utilizzato per vincere non è la canna, ma il talento di chi la sorregge.

Guardate amici che nella pesca una delle poche certezze è che la vera differenza nel confronto fra pescatori, sta nella capacità e nella velocità d’intuizione.

Eppure, verso la metà gli anni ottanta,quando i fortissimi atleti dell’Oltrarno Colmic ebbero l’intuizione di provare a nascondere l’amo dentro una palla di bigattini incollati, uguale a quella usata per pasturare (ed ebbero ragione), subito ci fu chi vietò questa pesca.

Stessa sorte l’ebbe il “pastarello”, esca tanto cara al Rosi, compianto pescatore fiorentino al quale devo il mio primo Campionato Italiano di categoria (1994). Anche questa intuizione permetteva splendide catture e anche questo caso gli occhiuti censori pensarono bene di tarpargli le ali, come a ribadire che : “Qui si pesca come vogliamo noi”.

Tanti altri casi potrebbero essere portati a contributo e non lo faccio per brevità, ma allora mi domando: canne tutte uguali, esche tutte uguali, tecniche tutte uguali……..siamo sicuri di essere sul binario giusto?…….Oppure (e torno a quanto detto poc’anzi) questo è solo un modo per standardizzare la competizione?

Ecco qua amici, in questo scritto ho cercato di schematizzare il mio pensiero in proposito all’argomento trattato, nella speranza di essere riuscito a tradurre in frasi compiute la mia contorta visione delle gare di pesca, in parole povere il mio ideale sarebbe quello di tornei articolati, in prove tecniche distinte, al termine delle quali, il vincitore sarebbe certamente il migliore nell’insieme.

Attenzione però a non confondere i concetti, sto parlando di prove tecniche distinte e non di introdurre in gara forme di pesca che soverchierebbero le altre in termini di catture (come ad esempio il ledgering), poiché questo, con il tempo, condurrebbe ugualmente ad un appiattimento su una stessa tecnica, ottenendo così un risultato analogo.

Inoltre, e termino, questo porterebbe il vantaggio non secondario, di portarsi dietro solo il necessario per quella distinta prova tecnica, e non tutta l’attrezzatura come troppo spesso dobbiamo fare, per poi pescare quasi sempre “solo” con la nostra amata roubasienne (quella molto migliorata ……. dalla serigrafia).

Ovviamente questa è un’opinione ……. assolutamente opinabile e, se lo vorrete, leggerò volentieri il vostro parere in merito, convinto come sono che la diversità di pensiero è ricchezza culturale.

Un caloroso saluto agli amici di Match Fishing.

Marcello Corbelli

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