ALLA SCOPERTA DEI CORSI D’ACQUA DELLA PROVINCIA DI PRATO: IL BISENZIO
Iniziamo questa nostra avventura alla riscoperta del fiume Bisenzio a Prato.
Prato, è la città che mi ha visto nascere anche come pescatore e proprio le rive di questo meraviglioso fiume mi hanno seguito passo passo alla scoperta di questo splendido sport che è la pesca…
Fin da piccolo, quando alle prime armi, mi cimentavo nella cattura di qualunque cosa nuotasse in questo fiume, non ho potuto fare a meno di notare, come il Bisenzio, fosse ricco di vita e di pesci tipici dei nostri fiumi (cavedani, carassi, carpe, trote, barbi, ecc…), e ancora oggi, nonostante la mancanza di riproduzione che avvertiamo nei nostri campi gara, questo fiume rimane vitalissimo, con almeno due gettate annue.
Per questo abbiamo iniziato un progetto assieme alle autorità del posto e presto spero con la F.I.P.S.A.S., per tutelare, e chissà… magari in futuro, creare qualche campo gara, che possa ospitare quantomeno competizioni di livello regionale, che ci regali qualche soddisfazione.
Il primo step è quello di creare zone NO KILL, perché, anche se in parte arginato, purtroppo il problema del bracconaggio lo abbiamo anche noi, e questo fiume, che di natura è a carattere torrentizio, non ha certo la portata e la quantità di pesce di fiumi come il PO…
Ma veniamo alla mattinata passata assieme.
Abbiamo deciso che come punto di partenza, non potevamo che scegliere il primo (ormai dismesso) campo gara creato su questo fiume. “LE POSTE”
Questo vecchio campo gara, dato la conformazione delle sue sponde, ricorda un po’ tutti quei campi gara come il Fissero, Spinadesco, ecc…
Le tecniche che si possono usare in questo ex campo gara, sono praticamente illimitate… dalla Roubaisienne, Inglese, Bolognese e perfino canne fisse fino alla 7-8 mt per la pesca all’alborella, tutte con soddisfacenti risultati.
Insomma, a discrezione del garista e a seconda della stagione, c’è proprio l’imbarazzo della scelta.
Il fondale è di circa 2,5 mt a centro fiume, il pesce prevalente qui è il nostro amato cavedano, ma non si fanno certo pregare altre specie come carpe, carassi, e di tanto in tanto sulla sponda opposta, qualche piccola scardola.
Qui a differenza di tutti gli altri campi gara, come già detto, sono numerosissime anche le alborelle.
Abbiamo deciso che nel progenitore dei campi gara pratesi, con i pesci più tipici italiani, non potevamo non affrontare questa pescata, con la pesca all’italiana per eccellenza, la bolognese.
Veniamo adesso alle montature.
Per l’occasione abbiamo deciso di usare un galleggiante particolare che nasce per campi gara come Pisa, ma che per puro caso, proprio su questo campo gara, abbiamo scoperto eccellente anche per la pesca alla bolognese.
Filo passante, asta cava rinforzata per 2/3 dalla fibra e micro-bolla d’aria in testa, lo rendono ideale per questa tecnica.
Le grammature che abbiamo usato, spaziavano dal grammo fino ai tre, le montature, sono state le classiche, vecchie, amate, spallinate morbide da passata, distribuite in 70, 80 cm.
Piombature che sul grammo partono con pallini del 12 fino a chiudere con pallini del 9, su di una madre lenza del 10,5, il finale uno 0,08 di c.ca 50 cm e amo del 20.
Ci siamo poi lasciati un paio di canne con 6 ed 8 gr.
Queste con una piombatura leggermente più chiusa, in 45-50 cm. per andare sulla sponda opposta, dove non sono certo mancate, ferrate di scardole e cavedani.
La pasturazione sulle grammature più piccole, per pescate al tiro di 20, 25 mt circa, l’abbiamo affidata alla classica fiondata di bachi sfusi, mentre per il sottoriva opposto, abbiamo incollato delle piccolissime palle di bigatti, con pochissima ghiaia.
La mattinata è volata via svelta fra le numerose catture e qualche immancabile rottura.
Purtroppo quest’oggi, non sono venute a farci visita le nostre amiche carpe, che solitamente compaiono nella nostra nassa a fine pescata.
A farmi compagnia il mio amico Marco Bonaiuti, che si è certo divertito nel rispolverare una tecnica ormai accantonata, ma non per questo meno redditizia.
A presto con un’altro campo gara pratese.
Giacomo MASTROPIERI