GLAUCO TUBERTINI SUL CAMPIONATO ITALIANO PER SOCIETA’
Siamo all’indomani della conclusione del Campionato Italiano per Società nella prima versione “nazionale” dopo molti anni.
Nel 2013, infatti, è stata ripristinata una competizione a carattere nazionale, che ha coinvolto Società di tutt’Italia, che si è snodata su 8 prove, nell’arco di tutta la stagione agonistica; era dai tempi del famoso Trofeo d’Eccellenza, abolito nel ‘96, che lo Scudetto Tricolore non si attribuiva con un campionato così strutturato; nel corso di quasi un ventennio sono state provate diverse soluzioni che hanno, di volta in volta, ottenuto consensi per certi aspetti e sollevato critiche per altri.
Dalle esperienze di questi anni e con il cambio dirigenziale che la FIPSAS ha attuato in questi lustri si è arrivati, non senza critiche e laceranti dibattiti, a quest’ultima formulazione che ha visto l’epilogo a Peschiera del Garda domenica 13 ottobre con la vittoria, meritatissima, dell’Oltrarno Colmic a cui vanno i sinceri complimenti del sottoscritto.
Nel corso di questa annata sportiva, la formula del Campionato riservato a 40 squadre e che ha toccato diversi dei migliori campi di gara nazionali, ha comunque sollevato questioni e stimolato riflessioni che hanno portato la Federazione ad introdurre ulteriori modifiche alla formula già dalla prossima stagione 2014.
Nel novero dell’inevitabile e stimolante dibattito che caratterizzerà certamente la prossima pausa invernale, abbiamo voluto sentire il parere di Glauco Tubertini, figlio d’arte, agonista del GPO Tubertini e della Lenza Emiliana Tubertini, oltre che, naturalmente, figlio del Titolare del famoso ed omonimo marchio.
Con Glauco Tubertini una chiacchierata a tutto campo sulle novità che il format 2014 apporterà alla struttura del Campionato Italiano per Società, con alcune proposte che Glauco si è sentito di fare a beneficio della valutazione dei Dirigenti Federali e dei lettori di Match Fishing.
Allora, Glauco, a campionato terminato e quindi senza la preoccupazione di poterne condizionare in qualche modo l’esito, vogliamo parlare del format del C.I.S appena archiviato e di quello sembra possa essere il prossimo?
“Innanzi tutto voglio esprimere i miei sinceri complimenti agli amici dell’Oltrarno Colmic che hanno vinto lo Scudetto 2013, dimostrando di essere una formazione tecnicamente molto forte e completa. Dopo 8 gare come quelle appena terminate hanno dimostrato di essere i più forti e meritato di vincere e quindi: onore all’Oltrarno!
Voglio premettere che quanto andrò ad esprimere è il parere di Glauco Tubertini agonista e non uomo d’azienda. Probabilmente se parlassi da uomo d’azienda direi cose differenti, più orientate al commercio. Quello che mi preme invece manifestare è il mio parere come agonista e tesserato della Federazione. Venendo al Campionato Italiano per Società appena concluso, posso dire che è stata una manifestazione molto bella, corretta, disputata su campi gara generalmente all’altezza dell’importanza della manifestazione. Al di là delle critiche e delle lamentele sui costi, critiche che comunque io sento da quando faccio le gare, credo di poter dire che i concorrenti che vi hanno partecipato si sono divertiti e lo hanno disputato con piacere, indipendentemente dal loro risultato finale.”
…e per quanto riguarda la formula dell’edizione 2014? Sembra che possa essere di 50 formazioni ed articolato in 10 prove, ossia 5 week end. Il tuo parere al riguardo?
“Il passaggio a 50 squadre per l’edizione 2014 del C.I.S. era una condizione già decisa da quest’anno, proprio per armonizzare la soppressione dei Trofei d’Eccellenza Nord, Centro e Sud con le promozioni al C.I.S. e le retrocessioni ai vari Trofei di serie A. Il format del prossimo C.I.S. a me piace molto. Personalmente ritengo il passaggio a 50 formazioni molto giusto. Una delle novità che vorrei fossero introdotte riguarda il numero massimo di squadre partecipanti per ogni Club, due al massimo, il numero ideale per una competizione così importante.
Anche il numero di gare su cui articolare il campionato deve essere, appunto, almeno 8, meglio 10, per ottenere una competizione che sia la più omogenea e regolare possibile e si riduca al minimo il fattore fortuna, che con un numero alto di gare diminuisce in modo esponenziale. Dobbiamo tenere presente infatti, che la vincitrice della competizione sarà la formazione che l’anno seguente rappresenterà l’Italia al Mondiale per Club e questa deve essere la migliore del momento. Che poi siano articolate in week end è una cosa buona, che aiuterà a contenere un po’ i costi, condizione importante stante l’attuale situazione economica in cui versa il paese e, di conseguenza, le Società sportive.”
Sembra che il numero delle squadre partecipanti, 50 per il 2014, andrà poi a ridursi attorno a 30 nel 2015, per omogeneizzare al massimo il livello tecnico ed economico delle partecipanti. Il tuo parere?
“Questa impostazione mi trova assolutamente contrario. Anzi, io auspicherei che il numero aumentasse ulteriormente; 50 squadre, provenienti da tutte le realtà del Paese, per me sono il numero minimo di partecipanti ad una manifestazione di questo genere. Se poi negli anni si verificasse che il numero fosse insostenibile a causa di rinunce o altro, allora si potrà pensare di ridurlo ma inizialmente le squadre dovrebbero essere 50 come minimo.”
Non credi che, con la realtà dei valori espressi anche in quest’ultimo C.I.S., aumentare ulteriormente il numero delle partecipanti non faccia che aumentare l’evidenza del divario tecnico tra le partecipanti? Si correrebbe il rischio che già dopo poche gare i punteggi tra il vertice e la base della classifica sarebbero talmente divergenti da uccidere le competizione…
“Questo succede in tutti gli sport! Ci sono quasi sempre alcune formazioni forti che fanno campionato a se e altre che navigano in fasce diverse della graduatoria. Non dobbiamo dimenticare che in qualsiasi competizione sportiva esistono differenti obiettivi per i partecipanti: alcuni ambiscono alla vittoria, altri ad arrivare sul podio o assestarsi alle spalle delle più forti, altre ancora sanno di dover lottare per salvarsi. Non c’è mai un unico obiettivo in una competizione, e la Pesca Sportiva non sfugge a questa logica. Io ho notato ormai da anni che se si parla di alti ed altissimi livelli, difficilmente si verificano delle assenze o delle rinunce; le squadre che vi partecipano, indipendentemente dagli obiettivi che si prefiggono, vi partecipano volentieri e danno il massimo, anche solo per salvarsi, appunto. Il problema sostanziale di una competizione di altissimo livello è la riduzione dei costi vivi che la partecipazione comporta, i costi di carburante, autostrada ed alberghi. I costi dei materiali, sostanzialmente, rimangono similari, dal momento che se quegli stessi agonisti non partecipassero al C.I.S. probabilmente parteciperebbero ad altre gare… Ecco che la soluzione del week end, conti alla mano, aiuta a contenere questi costi, perché almeno gli importi di carburante ed autostrade vengono dimezzati e si finalizza un giorno, solitamente dedicato alle prove come il sabato, allo svolgimento di una gara vera e propria.”
Siamo arrivati ad uno degli argomenti che stanno più a cuore le Società e gli agonisti in genere, quello dei costi da sostenere per partecipare alle competizioni, soprattutto di alto livello. La tua esperienza d’azienda sul territorio nazionale ti porta ad avere un quadro piuttosto realistico delle possibilità delle Società nel Paese: secondo te esistono 30/40 Società in Italia in grado di avere le risorse per sostenere lo sforzo economico necessario per partecipare ad un C.I.S. di questo genere?
“Per risponderti ti porto la mia esperienza personale. Quest’anno io ho disputato l’A2 ed i miei costi sono stati gli stessi dello scorso anno, quando ho fatto il C.I.S. I costi di esche, materiali, trasferte e pernottamenti sono stati gli stessi. Si va sul campo gara per le prove i giorni precedenti ugualmente, si disputano le gare di preparazione allo stesso modo, si usano più o meno gli stessi materiali… Tra i due livelli cambia poco o nulla dal punto di vista economico e dell’impegno. Naturalmente questo vale per una Società del nord; per le Società del Centro e del Sud è logico che l’orizzonte si dilata in modo notevole. Poi ci sono Società del Nord e del Sud che se lo possono permettere e altre no. A questo proposito la Federazione dovrebbe offrire un obiettivo internazionale, la partecipazione ad una competizione internazionale, anche per quelle Società che fanno campionati inferiori. In questo modo, anche per quei sodalizi che non possono permettersi la partecipazione ad un Campionato Italiano, ci potrebbe essere un obiettivo di livello da perseguire. Si potrebbe far disputare una finale in una o più prove tra le vincitrici delle varie serie A con in palio la partecipazione ad una manifestazione internazionale di prestigio in rappresentanza dell’Italia.”
L’istituzione di un C.I.S. a livello nazionale, porta a pensare allo svolgimento di almeno una prova, se non due, al di sotto di Umbertide, limite meridionale sotto cui non è mai sceso l’agonismo di alto livello negli ultimi lustri. Cosa ne pensi?
“Questo è uno, se non il principale, dei problemi storici del nostro agonismo: i campi di gara nel Sud dell’Italia. Ci sono stati in passato esempi in questo senso, vedi il Volturno a Capua negli anni ’90, poi la cosa si è spenta. Per andare a gareggiare al sud occorrono i campi di gara all’altezza e di buona capienza, che possano consentire lo svolgimento di gara valide. Se non ci sono campi di gara occorre attivarsi per crearli. Punto e basta.”
Il Sud, comunque, a tutt’oggi, le sue gare e i suoi campionati li disputa regolarmente. Magari non si muoveranno numeri elevati come al nord ma l’attività al Sud c’é…
“Certo! Al Sud c’è tutta una attività che si svolge in laghi e bacini artificiali, oltre che qualche fiume. Se al Sud ci sono location in grado di ospitare i 200 concorrenti di una prova del C.I.S. non vedo perché non ci si debba andare. Personalmente non avrei nessuna preclusione ad andare in Campania piuttosto che in Calabria se ci fossero le condizioni per farlo. Le differenze di costo tra il sostenere un week end in Campania piuttosto che uno ad Ostellato, in definitiva riguardano solo il viaggio, perché per il resto sarebbero esattamente gli stessi. Ripeto, la necessità per il Sud, è quella di crearvi dei campi di gara. Poi si può fare la promozione e tutto il resto, ma prima occorrono i campi di gara: senza acque non ci può essere pesca sportiva e agonismo e quindi l’agonismo del Sud potrà crescere quando avrà le condizioni per poterlo fare, quando avrà i campi gara idonei.”
Tornando al format del C.I.S. e alle proposte fattibili, non ritieni che ad un campionato così importante ogni Società avente diritto dovrebbe partecipare con una sola formazione, magari di 5 o 6 concorrenti? In definitiva in nessuno Sport una Società partecipa ad una competizione con più di una squadra…
“Questa è una considerazione valida. Nel caso si arrivasse ad ipotizzare una sola squadra per Società, allora vedo come numero ideale di partecipanti le 35/40 squadre. Nel caso le squadre ammesse fossero al massimo 2 per Club, ripeto che il mio numero idoneo sarebbero almeno 50. Anche per evitare che si verifichino sbilanciamenti ingiusti tra alcuni Club e gli altri.”
Abbiamo parlato praticamente solo di C.I.S. Ma delle serie minori cosa vogliamo dire? Come dovrebbero mutare i livelli Promozionali (Trofei di serie C) e Regionale (Trofei di serie B) secondo te?
“Questo è uno dei punti nevralgici! Il lavoro grosso deve essere fatto sulle categorie inferiori, occorre operare affinché siano le categorie inferiori, i Promozionali ed i Regionali, a crescere numericamente. Per il bene della Pesca Sportiva e dell’agonismo non è necessario focalizzarsi sul C.I.S. ma innanzi tutto sui livelli della base. E’ da questa che si attingono le leve agonistiche che forniscono il ricambio alle serie superiori.”
Lo abbiamo visto quest’anno, e nella prossima edizione a 50 squadre è probabile che si ripresenti in percentuale maggiore, che il divario tecnico tra le prime 5/10 formazioni ed il resto delle concorrenti è piuttosto marcato. Secondo te esistono correttivi alla formula per far si che questo divario si riduca, a tutto vantaggio della competizione e dello spettacolo?
“Un correttivo che aiuterebbe molto in questo senso ritengo che potrebbe essere il diverso sistema di punteggio, attribuendo alla vincitrice di una prova un punteggio uguale al numero delle partecipanti, ad esempio 50 punti, un punto in meno alla 2^ di giornata (49) e così di seguito, sino ad 1 punto all’ultima classificata di giornata. Questo perché ogni vittoria di giornata abbia un valore uguale ai fini della classifica generale: vincere una gara con 4 primi (4 penalità odierne), con 9 o con 12, avrebbe lo stesso valore, sarebbe sempre una vittoria che porterebbe il medesimo punteggio, così come capita in tanti altri sport, in cui alla vincitrice e alle altre classificate vengono attribuiti medesimi punteggi, indipendentemente da quanti gol si fanno o dal tempo che si realizza per vincere una gara.”
Osservazione certamente giusta, tra l’altro in passato nel vecchio Trofeo d’Eccellenza degli anni ’70 e ’80 si faceva così, ma un range di punteggio talmente ampio (da 1 a 50, ad esempio) porterebbe a realizzarsi dei distacchi talmente grandi che annullerebbero quasi ogni possibilità di recupero già dopo poche gare…
“Certamente i punteggi totali si alzerebbero molto ma questo comporterebbe una maggior regolarità rispetto ai valori in campo: ripeto, io credo che vincere una gara con 4 punti non sia di maggior valore che vincerla con 10, è la regolarità del campo di gara che determina il punteggio delle migliori. Chi vince nel secondo caso, con 10 penalità, è altrettanto bravo di chi vince con 4 ma in classifica oggi viene penalizzato con 6 punti in più. E spesso un campionato si vince o si perde, ci si salva o si retrocede, per mezza penalità. Con il punteggio così articolato, invece, i valori in campo sarebbero espressi con maggior veridicità.”
Prima hai accennato alla necessità di stimolare ulteriormente la base dell’agonismo. Vogliamo ritornarci per entrare più nel dettaglio di cosa si potrebbe proporre in questo senso?
“Come ti ho detto, innanzitutto io vedrei la finalizzazione di ogni categoria ad uno o più obbiettivi oltre la promozione alla serie superiore, obiettivo che negli ultimi anni sembra essere diventato meno appetibile, visto che spesso capita che ci siano rinunce a questo diritto per mantenersi nel livello più basso, nel quale ci si sente più competitivi o meno oberati di impegni. Alludo a competizioni di alto livello, gare prestigiose ma limitate nel numero di prove. Oggi abbiamo la Coppa Italia che è certamente una manifestazione che va in questo senso. Magari creare altre iniziative del genere sotto l’egida federale. Ancora, bisognerebbe pensare a regolamenti proporzionati al livello, per incentivare maggiormente la partecipazione del pescatore non agonista, del giovane o semplicemente di coloro che si sono allontanati perché infastiditi dall’introduzione di regole sempre più complesse come le matrioske, i litraggi ecc. regole giuste a livelli medio alti ma frenanti per chi si avvicina o si vuole mantenere in una dimensione più leggera dell’agonismo. Vedrei bene, nei livelli di base, anche eventuali limitazioni sul numero delle canne da usare oppure la possibilità di impiegare anche tecniche più catturanti con il ledgering, usare quantitativi di esche e pasture più contenuti, lasciare la possibilità di essere aiutati all’interno del box… La dimensione delle categorie di base deve essere finalizzata anche alla socializzazione, prima in relazione all’impostazione della gara e dopo alla discussione, magari al bar, con un panino ed una birra. A questi livelli si deve recuperare una dimensione più sociale e ricreativa, lasciando l’esasperazione maggiore per i livelli superiori”
Secondo te, ci sono gli spazi per allargare la base degli agonisti? C’è il materiale umano a cui tentare di attingere per ridare slancio alla nostra disciplina?
“L’unica possibilità è lavorare sulle Società, coinvolgerle maggiormente, magari dando degli incentivi di qualche genere… Prendo ad esempio una realtà che conosco bene, quella di Bologna, una delle patrie della Pesca al Colpo agonistica: se andiamo ad analizzare il numero dei pescatori che disputano le tante gare sociali, probabilmente arriviamo a contare svariate centinaia di persone, forse un migliaio. Ma se andiamo a vedere le presenza al campionato provinciale a stento superiamo i cento. Questo cosa significa? Certamente che qualcosa non va! Probabilmente una larghissima parte di costoro che rimangono a livello delle gare sociali non si riconosce nel sistema attuale, in questo modo di organizzare le cose. E probabilmente quella di Bologna non è una realtà differente dal resto d’Italia. Ecco, trovare le strade per arrivare a queste centinaia, migliaia di pescatori è la scommessa dei prossimi anni per la Federazione. Certamente non sarà un lavoro facile, ho fiducia che la FIPSAS faccia e farà tutto il possibile in questo senso. È parte della sua missione istitutiva ed anche il suo interesse, visto che vive e dipende dal numero dei suoi associati. Non dobbiamo poi dimenticare che per la Federazione esistono livelli differenti di responsabilità. Ossia il vertice federale ha delle responsabilità a livello nazionale, ma a livello regionale e nelle varie Associazioni provinciali vi sono responsabilità medesime per quanto concerne le attività locali, quindi occorre non fare di tutta un’erba un fascio in questo senso: sono i dirigenti regionali e provinciali che debbono dare gli imput in questa ricerca di forme promozionali nei campionati di serie B e C, pur all’interno delle regole nazionali, naturalmente. Poi se vogliamo possiamo parlare di come vengono gestiti certi campi gara o certi campionati a livello locale ma probabilmente andremmo fuori dall’argomento dell’intervista. Personalmente spero sempre che le acque tornino ad essere di gestione federale, come un tempo, in modo da poter superare una serie di problemi che abbiamo oggi. ”
Una domanda che si ripete ma resta sempre attuale. Si parla sempre di agonisti professionisti, pochi, e del resto della massa, i dilettanti. Il tuo punto di vista?
“In Italia il professionismo nella Pesca Sportiva non esiste, non può esistere. Possono esserci agonisti con possibilità differenti perché lavorano nel settore, ma di agonismo non si vive se si intende di proventi derivati dalle gare e dall’indotto. Che non possa esistere ce lo dicono le dimensioni del mercato della Pesca Sportiva nel nostro Paese, un mercato microscopico, come fatturato ed indotto, se paragonato a qualsiasi altro settore merceologico.
Dobbiamo sempre considerare che il nostro sport è e rimane un hobby per tutti i partecipanti, sostenuto da Società dilettantistiche. Nonostante tutto questo siamo comunque molto bravi, perché abbiamo la nostra stampa dedicata, i nostri siti come Match Fishing, la nostra televisione.
Proprio in relazione a Match Fishing voglio rendervi merito per il lavoro che svolgete per il nostro Sport e la visibilità che gli fornite; voglio ringraziarvi per la passione, tipica del volontariato, che vi contraddistingue.”
Parlando di professionismo, viene spontaneo il confronto con la realtà anglosassone e con i campioni inglesi. Secondo la tua conoscenza delle varie realtà, è pensabile il coinvolgimento anche di altre realtà economiche nel mondo della Pesca Sportiva, realtà che possano portare risorse aggiuntive all’ambiente?
“Come hanno detto anche altri, in altre sedi, la realtà inglese è cosa a parte rispetto al resto d’Europa. Innanzitutto in Inghilterra si parla di oltre 4,5 milioni di praticanti che si concentrano soprattutto nei settori di pesca alla carpa, del feeder e sostanzialmente nelle acque interne. Con questi numeri è certamente più facile trovare anche dei soggetti esterni al mondo della Pesca Sportiva che investano nel settore. In Italia il numero dei praticanti non è facile da individuare, non avendo ad esempio la Licenza di Pesca in Mare non sappiamo quanti sono i praticanti in questo settore, ma credo di poter dire che non arriviamo a 2 milioni, frammentati in una miriade di specialità, condizione che difficilmente attira l’interesse di investitori esterni. Al contrario, abbiamo una attività federale enormemente più intensa ed articolata, con moltissime competizioni a squadre e per Società, attività che in Inghilterra è ridotta al minimo. Sono proprio due realtà estremamente differenti e difficilmente paragonabili. D’altra parte la realtà inglese è anche unica nel suo genere; il resto dei paesi europei si avvicina di più a quanto succede in Italia.”
Siamo in chiusura, Glauco, abbiamo toccato tanti temi che magari approfondiremo in una prossima occasione. Vuoi darmi una tua ultima dichiarazione?
“Ho iniziato con i meritati complimenti ai vincitori e voglio terminare con i complimenti ai ragazzi della Ravanelli, che hanno lottato sino alla fine ed hanno difeso con onore il Titolo vinto lo scorso anno. Voglio fare i miei complimenti anche a tutte le altre formazioni che hanno partecipato a questo C.I.S. per la sportività e la professionalità dimostrate lungo tutto il percorso del campionato.”
Grazie a nome mio e di tutta la Redazione per i complimenti al nostro lavoro, una gratificazione che spesso vale più di un compenso!
Angelo Borgatti