GIUSEPPE IL GRANDE PESCATORE!!!
Non preoccupatevi, non sono stato colto da un improvviso attacco di autocelebrazione, non è nel mio DNA. Il titolo riguarda una persona a me cara, una persona che non ho avuto la fortuna di conoscere: un vero Grande Pescatore.
Lui non pescava solo per diletto, ma soprattutto per sopravvivere, per offrire un futuro dignitoso alla sua famiglia, composta di una moglie e quattro figli che adorava e amava. Un Grande Pescatore perché non ha avuto a disposizione le attrezzature e le conoscenze tecnologiche di cui disponiamo oggi. In quel periodo tutto era fatto a mano, i bravi pescatori erano coloro che avevano un senso dell’acqua innato, che sapevano ritrovare un punto preciso, anche a diverse miglia dalla costa, semplicemente prendendo due o tre punti di riferimento sulla terra ferma.
Il mare si solcava e si vinceva con la forza delle braccia, necessaria per spostare in acqua i pesantissimi remi di legno massiccio.
I bravi pescatori, infatti, erano coloro che senza un servizio meteo online, riuscivano a leggere in anticipo l’evoluzione del moto ondoso, e se colti da un’improvvisa burrasca, restavano per giorni interi al largo in balia delle onde, aspettando che la tempesta si placasse, per raggiungere la costa e i loro cari.
Giuseppe era mio nonno……ed è morto qualche anno prima della mia nascita per un banale intervento allo stomaco. Un destino avverso e in un certo senso beffardo mi ha impedito di conoscerlo, nonostante avesse superato le grandi guerre mondiali: la prima gli aveva tolto la possibilità di vivere un’infanzia normale e la seconda l’ha visto protagonista nel difendere la Patria, indossando la divisa di marinaio, un vero onore per un amante del mare.
Infatti, la foto lo ritrae mentre posa fiero con la sua divisa della Marina Militare.
E’ sopravvissuto a tantissime tempeste rimanendo al largo, domando con le forze delle braccia le onde e aspettando che il mare placasse la sua ira, all’epoca non vi erano porti sicuri ed era questa l’unica possibilità di sopravvivere a una burrasca.
A volte lui e i suoi compagni di barca erano stati dati per dispersi e per giorni le loro famiglie, facevano le vedette dall’alto del Santuario di Santa Maria di Leuca, con la speranza di scorgerli in lontananza sani e salvi.
Giuseppe è sempre riuscito a vincere le sfide che la vita gli ha riservato e quando, purtroppo, si è dovuto affidare nelle mani di qualcun altro, non c’è l’ha fatta a superare quest’ultima prova.
La passione viscerale che ho per la pesca è grazie anche a lui, perché sebbene non ho avuto la fortuna di conoscerlo e andarci a pesca, grazie ai racconti di mia madre che tutt’ora continua ad adorarlo, conservo un immagine forte e viva.
Giuseppe “u tignuseddu” il soprannome con il quale gli altri pescatori lo chiamavano per la sua determinazione e “tigna”, era conteso dalle imbarcazioni dei pescatori locali perché riusciva sempre e comunque a portare a terra del pesce, sapeva dove calare le reti e aveva il senso dell’acqua che pochi altri avevano.
Ma non era bravo solo dalla barca, che nei mesi invernali, vista la frequenza delle tempeste, era portata in terra per il rimessaggio, era anche un bravo pescatore con la canna. Non le canne da pesca al carbonio, bensì quelle prese dai canneti, raccolte in estate, fatte stagionare sotto il peso di grandi massi, per dargli una linea più o meno dritta, e raccordate tra le varie sezioni con l’utilizzo di vecchi tubi in rame o zinco.
Anche in questo caso non era pesca per divertimento, Giuseppe pescava per portare a casa del pesce poi venduto oppure barattato con prodotti della terra.
Mi racconta mia madre che lui stava fuori di casa per alcuni giorni perché doveva raggiungere a piedi la spiaggia, sita a quasi cinquanta chilometri da Santa Maria di Leuca, dove si riforniva di esche, le cosiddette pulci di mare, unica esca presente e tra l’altro preferita dalle occhiate e saraghi, specie presenti all’epoca in buone quantità lungo le scogliere del Salento. Poi doveva tornare indietro e iniziare a pescare. Per questo motivo a volte stava lontano di casa anche tre o quattro giorni. Dipendeva dalla fortuna di reperire subito l’esca e trovare le giuste condizioni di mare, idonee a pescare con canne corte poiché, essendo costruite artigianalmente, non superavano mai i cinque-sei metri di lunghezza, altrimenti ingestibili sia come peso sia come manovrabilità.
Giuseppe “U Tignuseddu” era un GRANDE PESCATORE ed era mia Nonno.
Ed io, che oltre al suo nome conservo nel cuore le onde del suo mare, desidero credere che qualche volta, da lassù, mi osservi vedendomi vincere l’ennesima bella sfida con questi esseri stupendi chiamati “PESCI”.
“A te Nonno, nel silenzio di una pesca che voglia riunirci su una barca solo nostra”
Per Match Fishing Giuseppe Trani