Catch and Release: 5 buoni consigli!

Il Catch and Release è una pratica che consiste nel rilasciare il pescato. Ciò può essere necessario per molti motivi: regolamento delle aree di pesca, misura del pescato sotto gli standard, desiderio di garantire la sostenibilità della pesca dilettantistica, non volontà di mangiare il pesce.

 

Per garantire l’efficacia del Catch and Release, ossia la massima probabilità di sopravvivenza del pesce rilasciato, possiamo seguire 5 consigli utilissimi.

Ne parla Francesco di Sport Sile, azienda specializzata nella vendita online di attrezzature per la pesca.

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Ancoretta o Amo?
La dimensione e la tipologia dell’amo e dell’esca determinano l’entità del danno provocato al pesce catturato. Nel Catch and Release è importante non utilizzare ancorette ma ami. Anche nelle esche artificiali hard-bait (per esempio, i pesciolini finti) è possibile sostituire la dotazione di ancorette con ami specifici, caratterizzati da occhielli più larghi in modo da renderli idonei a qualsiasi supporto, acquistabili addirittura senza ardiglione. In commercio si trovano anche attrezzature come le pinze “split ring” che servono ad allargare gli anelli dove si agganciano ami e ancorette.

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Come catturare il pesce?
Nel Catch and Release è importante limitare al massimo lo stress del pesce durante la sua cattura. Come per gli esseri umani, lo sforzo dell’animale durante il combattimento per non essere catturato induce la produzione di acido lattico, molto tossico e causa di morte anche dopo molte ore dal rilascio in libertà, pur essendo avvenuto rispettando tutte le cautele del caso.
Per tale ragione è necessario ridurre al massimo la durata del combattimento. Per prima cosa è bene scegliere un filo robusto, anche sovradimensionato nel carico di rottura e che permetta di salpare velocemente il pescato. In commercio si trovano molte tipologie di filo robusto molto sottile, adatto quindi anche ad attrezzature leggere.
In secondo luogo è importante manipolare il pesce solo con le mani bagnate, senza utilizzare stracci o altro, e salparlo con guadini con maglie di gomma che evitano di rimuovere il muco protettivo naturale sul corpo del pesce. Anche le maglie del guadino devono essere correttamente dimensionate, per evitare che l’animale si impigli.

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Rimuovere l’amo: come?
Ad ogni operazione l’attrezzo giusto. Ci sono molti strumenti per rimuovere gli ami, dalle pinze chirurgiche allo slamatore. La scelta dipende dai casi specifici. Lo slamatore è veloce ma, a seconda della sua dimensione e conformazione, può essere utilizzato solo per ami all’interno di un certo range: è possibile quindi che vi dobbiate dotare di più slamatori.
Lasciare vivo il pesce dopo la rimozione dell’amo non è semplice: per prima cosa bisogna usare pinze o slamatori senza toccare le branchie, lasciando l’animale immerso e toccandolo il meno possibile solo con mani bagnate (per non rimuovere lo strato protettivo della pelle del pesce).
Si possono acquistare anche dei tappetini in gomma con sponde dove appoggiare pesci particolarmente gradi, così come specifici disinfettanti per le ferite.
E se l’amo non si può rimuovere perché troppo vicino alle branchie o troppo in profondità? In questo caso meglio lasciarlo dov’è e tagliare la lenza a ridosso dell’occhiello. La ruggine farà il resto.

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Come rilasciare il pescato?
Se il pesce è visibilmente stremato, anche dopo un breve combattimento, è consigliabile lasciarlo ossigenare prima di rilasciarlo. In presenza di acque correnti, si può eseguire questa operazione immergendo il pesce con la testa contro corrente, in modo che l’acqua ossigeni le branchie. Se le acque sono tranquille, invece, si può muovere dolcemente avanti e indietro l’animale per aumentare l’acqua sulle branchie. Appena il pesce ha ripreso vigore si può liberare.
Per scattare delle foto del pescato è necessario essere molto veloci e non sostenere il pesce solo dalla mandibola ma utilizzando entrambe le mani, in modo che l’animale non sia sottoposto a trazione del suo stesso peso (non sempre, infatti, la struttura vertebrale lo sopporta).

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Cos’è il barotrauma
I pesci hanno uno speciale budello interno, la vescica natatoria, che serve a bilanciare il suo peso e la spinta dell’acqua alle varie profondità. Se peschiamo un pesce che vive in acque profonde e lo portiamo velocemente in superficie, i gas della vescica natatoria possono espandersi, provocando la fuoriuscita del budello dalla bocca o dall’amo del pesce. Questo può causare anche il danneggiamento di altri organi interni.
Il barotrauma è molto grave ed è comune a molte specie di pesci. Purtroppo non vi sono molti rimedi. Il consiglio è di non pescare pesci in acque profonde se si vuole poi rimetterli in libertà.

 

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