Veronica Visciglia la leonessa dell’ASPES
Anche il mondo della pesca, come è giusto che sia, è aperto alle pari opportunità e Veronica Visciglia ha accettato la sfida, competendo tra i maschietti.
Avendoci gareggiato contro posso dirvi che è meglio riservare la galanteria al dopo gara, perché è un avversario davvero dura da battere.
Di seguito l’intervista che Veronica ha rilasciato ad Andrea Romanelli per i lettori di Matchfishing.
Tu e i pesci quando è scoccata la scintilla?
Così per caso, il mio papà era un pescatore alla buona e una volta mi portò con se quando ero ancora piccolissima, avrò avuto 5-6 anni, mi sono subito innamorata. Pensa che quando andava senza di me, mi mettevo a piangere, stavo tutto il giorno fuori casa aspettando che rientrasse e gli davo il “buona pesca” per dispetto.
L’agonismo, invece, quando e perché hai scelto di fare della passione una scelta di vita.
Anche quello è capitato per caso, anche se è arrivato presto. Non la chiamerei però scelta di vita. Frequentando un laghetto di pesca mi hanno messo dentro delle garette e da li ci ho preso gusto con la competizione. A circa 9 anni la mia prima gara di federazione, con un provinciale dei ragazzi che fra l’altro ho vinto e mi ha permesso di partecipare al campionato maschile di categoria. Dal li sono stata convocata agli stage poi al club azzurro, che ho vinto e mi ha garantito la mia prima chiamata in nazionale per i mondiali di categoria. Eravamo a Pisa a Fornacette nel 2000 dove ho vinto l’oro.
Raccontaci l’esperienza legata alla pesca che ti ha emozionato di più.
Ma senza dubbio questa qui del 2000 perché ero una ragazzina a 13 anni, l’unica donna la più piccolina del gruppo, appena entrata in quel mondo salire sul podio. E’ una cosa che mi da ancora i brividi per l’emozione, forse il momento che mi ha dato la carica la convinzione di poter fare la pesca a livello agonistico.
La tua tecnica preferita, se dovessi scegliere un arma per un duello rusticano in una finale mondiale su quale punteresti?
Allora la mia tecnica preferita è la roubaisienne, magari a cavedani con lenze leggere e fionda in mano (presto ti porterò a Ceprano allora … volentieri n.d.r.). Se dovessi scegliere un arma con la quale giocarmi qualcosa di importante come in una finale mondiale ti direi l’inglese, mi piacerebbe sinceramente come sfida confrontarmi con la match rod. Anche perché anche in nazionale l’abbiamo spesso preparata come tecnica ma poi l’evoluzione della gara non ci ha mai consentito di metterla in atto.
Oltre la grinta che sicuramente non ti difetta, quali pensi siano i tuoi punti di forza nella pesca?
Non mi piace incensarmi ma sicuramente sono caparbia e testarda e, come hai capito anche tu, la grinta non mi manca e fino alla fine non mi arrendo. Ecco questo posso dirtelo, su di me si può contare perché io non mollo e se le cose vanno male sono pronta a rileggere gli errori studiare con attenzione e ripartire per migliorare.
Sei una che si prepara con metodo, quindi?
Assolutamente, la preparazione è fondamentale e cerco di curarla nei minimi dettagli, sia in quello che si pensa sia lo sviluppo della pescata sia nel cercare le soluzioni alternative, per non trovarsi in difficoltà nel caso non vada tutto per il verso giusto.
E i punti deboli, se ce ne sono, possiamo svelarli?
Ma sicuramente ce ne sono, forse il mio punto di forza, a volte, è uno dei mie limiti. Il fatto di essere caparbia, infatti, in certe situazioni mi porta ad impuntarmi. In alcune gare mi sono intestardita nella soluzione che pensavo più giusta e, magari, avrei dovuto aprirmi un po’ di più.
Di campi gara ne hai già calcati tanti ce n’è qualcuno in particolare che ti ha stregato?
Con la possibilità di viaggiare ho scoperto tanti posti anche lontani da casa come il lago di Corbara veramente bello. Ma quello che mi è rimasto più nel cuore è il lago di Bomba, dal colore dell’acqua e il contesto naturalistico dove è immerso al patrimonio ittico infinito che custodisce nelle sue profonde acque. Per me è stato un sogno e sicuramente ci tornerò anche fuori dalle gare.
Terre e fouille oppure ghiaia e bigatti, sei una che va sul classico o ti affascinano le pesche moderne sui nuovi pesci tipo gardon e breme?
Ma diciamo che essendo giovane e del nord terre e fouille per me sono qualcosa che hanno iniziato da subito a far parte del mio bagaglio di esperienze alieutiche. Comunque la pesca mi piace a 360°, dalla pesca di precisone alle plaquette e gardoncini a quella al tiro alla fune con bigatti e quintali di ghiaia come in Arno pisano.
Sei una delle poche donne che gareggia tra gli uomini in campionati di eccellenza, quali sono le differenze maggiori che hai riscontrato rispetto a quello femminile?
In ambito maschile, sicuramente il livello agonistico è molto più alto. Poi c’è l’esperienza delle gare a squadre, nelle quali ci si confronta, si fa gruppo cercando di condividere le proprie sensazioni le proprie esperienze. Hai così modo di crescere in maniera più veloce e, pur essendoci dei campioni affermati che spiccano, c’è un il livello medio molto alto. Nel mondo femminile spesso si è sole, se non si è inserite in un contesto societario importante che ha la forza di seguirti si fa fatica ad emergere. Siamo poche e il confronto individuale tra pescatrici che hanno già esperienza e le nuove leve spesso evidenzia in maniera evidente delle disparità di forza nel settore. Per una ragazza scegliere di iniziare a competere senza l’appoggio di una società che la segua da vicino è sicuramente più difficile.
Sei ancora giovane pur avendo fatto esperienze a tutto campo, hai ancora molto da dare, come vedi il tuo futuro nella pesca?
Ma io non penso al futuro preferisco godermi il presente, gara dopo gara campionato dopo campionato poi sarà quel che sarà. Il mio presente ora sono le gare tra gli uomini perché ho ancora tanto da imparare e sono talmente difficili che ho trovato degli stimoli veramente importanti. Anche il campionato femminile però non lo mollo perché ci tengo e poi c’è Federica (Brilli n.d.r.) con la quale sono molto legata ed anche mia cognata che ho tirato dentro e vogliamo divertirci insieme.
E la Nazionale, non me la nomini?
Immaginavo me lo chiedessi, certamente anche quella è nei miei pensieri. A tempo debito però , quando sarà mi faro trovare di nuovo pronta come in occasione dei mondiali di Firenze. Sentire l’inno che suona con la medaglia d’oro al collo è un emozione unica.
C’è qualche persona nel mondo della pesca alla quale sei particolarmente legata o alla quale vuoi regalare un pensiero?
Sicuramente a Giampiero Barbetta, è lui che mi ha insegnato tutto, che mi ha fatto crescere come pescatrice regalandomi la sua esperienza. Lui puntava molto su di me, ha speso pomeriggi interi al laghetto cercando di trasferirmi tutto quello era la sua esperienza. Il volere proseguire nell’agonismo, forse, è anche un segno di affetto e riconoscenza nei suoi confronti. Custodisco gelosamente i suoi insegnamenti, un campione nella pesca e nella vita.
Hai un bellissimo bimbo Veronica: il lavoro, la famiglia e la pesca come si unisce il tutto?
Il bimbo è cresciuto nel mondo della pesca, siamo una famiglia di pescatori, lui già sa che la mamma prepara le lenze, fa le gare. Certo per una donna è ancora più difficile rispetto ad un uomo, si deve organizzare tutto alla perfezione, iniziando certamente da lui, dalla scuola al tempo da trascorrere insieme. Ho comunque una famiglia meravigliosa che mi sostiene in tutto e mi permette di ritagliarmi il tempo per la pesca che non mancherà mai nella mia vita.
Magari lo troveremo presto con noi…
Non dirlo, perché lui già pesca, già si informa e mi chiede di portarlo.
Un ultimo pensiero?
Lo voglio dedicare all’ASPES che mi ha accolta in una grande famiglia, il presidente Leoni in testa che mi ha voluto fortemente e poi Luigi (Di Livio n.d.r.), Gianluca (Riccetti n.d.r.) e tutti gli altri che mi seguono e mi stanno veramente dando molto, a livello agonistico ma anche umano.