I FORMIDABILI PESCI DI GOITO!

Quella di cui vi andrò a scrivere in questo report non é la cronaca di una qualsiasi gara ma il resoconto di una pescata, una pescata “vera”, una di quelle fatte alla vecchia maniera ossia con la bolognese, stivali a coscia, sacchetto di bigattini al collo e fionda in mano, alla ricerca della mangiata fulminea di un pesce, in acqua corrente…

Beninteso, altre tecniche sono molto belle: affascinanti come l’inglese, raffinate come la roubaisienne o popolari come la canna fissa, da cui tutte derivano ma la pesca a bolognese credo rappresenti l’autentica essenza estetica della pesca al colpo e ne incarna la massima espressione, anche numerica, degli anni d’oro della Pesca Sportiva italiana. Questo almeno per il sottoscritto…

Interpreti d’eccezione di questa giornata “gambe in acqua” niente di meno che due Azzurri come Ferruccio Gabba e Giuliano Prandi, quest’ultimo fresco vincitore dell’Amo d’Oro 2016, il terzo del suo palmares personale; i due campioni della Lenza Emiliana Tubertini in inverno, quando i ritmi della stagione agonistica si fermano e le condizioni lo permettono, si concedono lo spazio di qualche ora di pesca per il piacere della cattura e non del risultato… anche se, alla fine, la gara magari la fanno tra di loro!

E questa volta, va detto per correttezza, la sfida è stata dominata dal “campione silenzioso”, come lo ha definito il mio amico Luca Caslini, ossia Giuliano Prandi, un autentico concentrato di modestia e semplicità nei modi quanto di spietata efficacia in pesca.

Protagoniste della giornata, oltre ai campioni di Bazzano, sono state le bolognesi Tubertini, la Level 7706 di Prandi e, soprattutto, l’eccezionale Bolognese R18 sfoggiata dal “Ferro” nazionale, ultimo gioiello Tubertini nel segmento bolognesi e frutto dell’adozione da parte dell’Azienda di Bazzano di questo innovativo materiale a bassissimo contenuto di resine, appunto R18, che rappresenta l’autentica, nuova frontiera nella costruzione di canne da pesca.

Teatro di questo itinerario il Mincio, per una volta non nel classico campo gara di Peschiera ma nel tratto subito a monte di Goito, cittadina che riemerge dai ricordi scolastici perché teatro di una famosa battaglia nella 1^ Guerra d’Indipendenza italiana.

Qui il fiume, sempre caratterizzato da acque cristalline e corrente veloce, ha un aspetto meno imponente che all’uscita dal Garda, con livelli decisamente più contenuti ed é caratterizzato da una corrente allegra che passa da un lato all’altro del alveo, largo dai 30 ai 40 metri, a seconda della conformazione del suo letto; sul fondo si alternano ciottoli, spianate sabbiose e ciuffi di erbe fluttuanti che forniscono l’habitat ideale a svariate specie di pesci.

Il tratto prescelto per questa pescata é di poco a monte del ponte che attraversa il fiume all’entrata di Goito provenendo da Mantova, da cui dista poco meno di una trentina di chilometri; qui il fiume compie una larga curva che costeggia una strada asfaltata e lo si raggiunge in pochi minuti svoltando a destra nella strada prima del ponte e proseguendo per qualche centinaio di metri; alla prima carraia non asfaltata si gira a sinistra percorrendola fino alla fine attraverso i campi; in questo modo si arriva proprio sulla riva sinistra del Mincio e le zone buone per pescare sono subito lì, comode ed invitanti.

Come detto é una pescata da fare “leggeri” con poche attrezzature nel classico gilet o giaccone, stivali a coscia, guadino capiente e bolognese leggera ma, come vedremo, non troppo docile!

Giuliano, che qui é di casa perché frequenta questi posti con una certa assiduità, sceglie di spostarsi a valle di un centinaio di metri e, assieme a Ferruccio, entrano in acqua ben presto da due dei tanti varchi presenti nella vegetazione spoglia, avanzando in acqua per alcuni metri.

L’acqua trasparente lascia intravvedere benissimo il fondo e i movimenti sono molto facili per posizionarsi.

Aperte le canne e realizzate delle lenze molto semplici, con un Pro 118 da 2 grammi Ferruccio e con un Pro 121 da 2.5 grammi Prandi, i nostri si dispongono ad una decina di metri l’uno dall’ altro.

Il primo a prendere in mano la fionda e Giuliano il quale, conoscendo bene il posto, sa già a quale distanza far correre la propria lenza; per Ferruccio due/tre lanci di prova di una lenza realizzata con pallini a scalare aperti in una trentina di centimetri sopra un terminale da una quarantina di centimetri, sono necessari per verificare la linearità del fondale e l’eventuale presenza di erbe o ostacoli sommersi.

Mentre Prandi fionda le domande sono d’obbligo e l’Azzurro non si nega al microfono:

Innanzitutto, quali pesci speriamo di incontrare oggi?

“In questo tratto di Mincio ci sono ancora discrete popolazioni di cavedani ma soprattutto barbi nostrani, anche grossi, il mio record é di poco meno di 3,5 kg, breme grosse e carpe di taglia anche XXL; se si viene in estate ci sono anche pesci medio/piccoli come vaironi, scardolette e altro pesciolame. Questo posto, comunque, é da frequentare in inverno, perché restano in campo i veri pezzi grossi, pesci importanti, molto forti e combattivi, difficili da ingannare ma che, anche per questo, danno maggiore soddisfazione!”

Dalle tue prime passate ho visto che non c’é una profondità rilevante, all’incirca un metro e mezzo…

“Si, la profondità media al centro, dove peschiamo oggi, é di circa 130/150 cm ma questo non significa che non ci siano pesci importanti perché qui c’é un habitat ideale per loro, con acque molto ossigenate e nutrimento che il fiume porta sul filo di corrente. Anche con acqua fredda come ora, questi pesci sono attivi e rispondono abbastanza bene ai bigattini a fionda.”

Sentivo che parlavi con Ferruccio su amo e terminale da montare, un amo del 18 o del 16 della serie 50 su terminale almeno da 0.12 mm di Next: non certo un impianto da acque chiare e pesci sospettosi…

“Solo in apparenza. Nonostante la relativa profondità e la trasparenza dell’acqua, qui il flusso è sostenuto e i pesci sono abituati a prendere al volo ciò che porta la corrente, altrimenti non mangiano. Se poi ci aggiungi che la taglia media é importante, come la forza che questi pesci sanno sprigionare quando sono allamati, ecco che lo 0.12 é il minimo da montare fino ad arrivare anche ben oltre se entrano in campo le grosse carpe, che qui non mancano certo!”

Mentre parla, Giuliano continua a pasturare con regolarità: tre/quattro fiondate ogni due/tre passate per creare “la scia”… ed infatti il primo a far inarcare la canna é… Gabbino!

La sfida tra i due é partita!

Comda star ed sotta! (facile pescare stando a valle di chi pastura! – Prandi si esprime in rigoroso dialetto reggiano. Questo il segnale che la sfida è sentita tra i due…) alla quale risponde il silenzio concentrato di Ferro, intento non solo a contrastare di quell’accidente che si dimena attaccato al suo 18 della serie 50 ma soprattutto a valutare il comportamento dal vero della sua Bolognese R18 da 7 metri, che si inarca elastica sotto la difesa potente del pesce.

L’azione di recupero é lenta perché il pesce resta nel filo di corrente e si mette di traverso per tentare di liberarsi. Una reazione particolare…

Alternando la canna in posizione verticale a quella quasi parallela all’acqua, Gabba riesce a guadagnare metro su metro al pesce e finalmente lo porta a tiro di mano e la sorpresa non é poca quando solleva dall’acqua una breme stimabile tra 1,5 e 2 chili!

Breme anche qui! Comunque un pesce molto bello e forte, un bel test per la canna.

Non avevo dubbi sulla qualità della R18 Bolognese ma messa il confronto con pesci così ne esalta le qualità. Con questo materiale abbiamo fatto veramente un passo in avanti in termini di leggerezza ma anche di godibilità dell’attrezzo, che restituisce veramente ogni minima vibrazione del pesce che hai in canna. Avevo già avuto modo di apprezzarne le caratteristiche con i kit per roubaisienne ma in quel caso la dinamica dell’elastico potrebbe modificare la percezione del pescatore mentre in attrezzi come la bolognese, dove il contatto è ancor più diretto, la qualità della risposta dinamica é molto più percettibile!”

Mentre Ferruccio parla, però, Giuliano lavora ed ora é lui ad essere “incannato” a centro fiume…

Et ciapé al tap Giuli?? (ti sei incagliato nel tappo della vasca, Giuliano? – gli fa eco Ferro, ancora in dialetto…)

See, adess tal ved cost’ tapp!!! (Tra un po’ lo vedrai questo tappo…)”

Il pesce di Giuliano scende potente lungo la corrente nonostante il pescatore cerchi di rallentarne la corsa con grande abilità lavorando con la sua Level 7706…

Ci vogliono alcuni minuti di tensione ed esperienza prima a Prandi prima di riuscire a portare sotto riva uno splendido barbo nostrano caratterizzato da una livrea giallo/oro fantastica sopra una muscolatura potente che parla di correnti forti e vita selvatica nel fiume…

Nonostante la mattinata fredda di febbraio, qualche pesce risponde alle frequenti fiondate a centro fiume dei campioni della Lenza: un altro barbo, un cavedano, ancora una breme larga come una padella

e poi… oltre la metà della mattinata un’ennesima affondata dell’antenna rossa del Pro 121 di Prandi da l’inizio ad un combattimento che, sin dalle prime battute, sembra diverso dai precedenti.

“Sono attaccato ormai da alcuni minuti – mi dice Giuliano – e il pesce non si é mosso di un metro. Lo sento, là in fondo, che nuota potente avanti ed indietro ma senza forzare troppo, non da testate ma non si avvicina. Prima si é anche inerbato e temevo di perderlo, poi ho allentato la tensione un po’ ed é nuovamente uscito nel pulito ma non ne vuole sapere…”

Controluce si staglia la linea del Concept Grey con cui è caricato il mulinello di Giuliano tesa allo spasimo ed infilato a centro fiume, dove una leggera increspatura della superficie grigio acciaio del Mincio denuncia i movimenti potenti del pesce…

Per cercare di recuperare qualche metro di lenza Giuliano scende lungo la riva del fiume, sempre in acqua fino ad arrivare vicino a Ferruccio, che ha sospeso la sua azione per non disturbare il recupero di questo “treno” con cui sta lottando Prandi.

Passano i minuti e la situazione non cambia: da una parte l’Azzurro che lavora di canna e muscoli e dall’altra quell’UFO che non ci lascia neppure vedere l’antenna del galleggiante, tanto resta aderente al fondo, quasi indisturbato dall’amo che ha piantato in bocca.

Non me la sento di forzare più di tanto perché ho un terminale dallo 0.12, come ti dicevo. Avessi almeno uno 0.14 proverei a tirare ma così…”

Dopo oltre mezz’ora Giuliano passa la sua Level a Ferruccio, che nel frattempo si era spostato a monte ed aveva continuato a pescare, trovando un altro barbo. Tocca ora a Ferro provare di vincere la guerra con questo pesce mentre Prandi si va a godere la Bolognese R18 a monte.

La trazione del pesce con cui si sta confrontando Ferruccio resta costante ancora per quasi venti minuti poi, dopo oltre cinquanta minuti di trazione continua, sembra che cominci a cambiare idea… Vediamo il galleggiante uscire dall’acqua, finalmente, ed una sagoma scura incrociare a mezz’acqua, ad una ventina di metri da noi.

Mi preparo a fare la “foto del giorno” pregustando già l’inquadratura di Ferruccio con il “mostro” sul fondo a pelo d’acqua quando… L’imprecazione parte secca ed inaspettata da Gabba così come la lenza ritorna indietro rapida ed elastica sotto l’effetto della slamata a pelo d’acqua!

“Era una carpa enorme, almeno 7/8 chili! L’hai vista? Si è slamata a galla, là davanti”

No, non l’ho vista… stavo preparando la macchina fotografica per l’inquadratura…

La lenza rientra veloce, intatta, nelle mani di un Ferruccio deluso.

“Comunque amo e filo hanno tenuto benissimo, facendo il loro dovere. Era un pesce troppo grosso, punto sul labbro e probabilmente la lunga trazione ha creato una piccola lacerazione a causa dell’amo piccolo e si è slamata. Pazienza”

Si è conclusa così una bella mattinata in terra mantovana, un territorio dove ancora si respira aria semplice e tranquilla, la pesca a passata è ancora di casa e dove ci si può confrontare con pesci potenti, formidabili.

I formidabili pesci di Goito, infatti…

 Angelo Borgatti

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