LA FAUNA ITTICA DEL LAGO DI GARDA: COME SI E’ EVOLUTA?

Volontarie, casuali, indesiderate…ma quante e quali furono le immissioni di specie ittiche nel Garda?

Tra successi e soprattutto clamorosi insuccessi, mettendo a volte anche a rischio l’ecosistema lacustre, provo oggi ad ordinarle temporalmente, giusto per dare un’idea di come si sia evoluta, nel corso del tempo, la composizione dell’ittiofauna nel Garda.

Inizio tralasciando il Coregone Lavarello, immesso nel 1918, di cui ho già ampiamente scritto, ved: #contrattodilagodelgarda.

A fine ‘800, anche se non vi sono notizie certe in merito, arrivò la Bottatrice pare attraverso il Ponale dal Lago di Ledro o sfuggita da una nassa che ne tratteneva alcune presso Riva del Garda.

Nel 1918 arrivò invece il Persico Sole e due anni dopo il Black Bass. Ma questi furono arrivi del tutto accidentali diciamo, come per il Pesce Gatto, giunto in Europa dall’America nel 1880 e in Italia nei primi ‘900, quindi nel Garda nel 1930.

Per la Trota Iridea invece le cose furono ben diverse. Le prime semine potrebbero essere iniziate nel 1891 con materiale incubato a Torbole.

Certamente però negli anni ’50, a compenso delle mancate immissioni delle Trote Lacustri nel dismesso (distrutto) impianto di Peschiera, si immisero milioni di avannotti, trotelle e trote iridee adulte, insieme anche a Salmerini di Fontana.

Nel 1955 e 1956, l’ex Consorzio Tutela Pesca del Lago di Garda, immise ben 42.000 Cefali.

Non sono certo di quale specie esatta fu immessa, ciò che è certo è che sul Garda si estinsero in fretta.

Sempre a metà degli anni ’50 arrivò anche il Carassio Dorato, entrato erroneamente per la contaminazione degli stock ittici di Carpe e Tinche.

La presenza della Gambusia, segnalata per la prima volta nel 1965 a Bardolino, è da ricondursi, come per altre specie, alla risalita dal Fiume Mincio e Fiume Po.
Tra il 1975 e il 1978 fu la volta di una immissione potenzialmente distruttiva per l’ecosistema gardesano, ovvero quella del Salmone Argentato americano.

Fu immesso per contribuire, come per le trote, salmerini e cefali, al miglioramento della pesca professionistica, basandosi sulla commerciabilità, sulla qualità delle carni e velocità di accrescimento.

Una immissione effettuata, come spesso accadde, senza un minimo di indagine scientifica a sostegno e senza considerare i potenziali danni per l’equilibrio dell’ecosistema.

Si scoprì infatti che il Salmone Argentato era un pesce voracissimo, con la predilezione di piccoli della specie dei salmonidi…proprio mentre il Garda era alle prese, allora come oggi purtroppo, con un continuo calo demografico dell’endemico Carpione.

Il Salmone Argentato si estinse comunque velocemente.

Il 1978 fu anche l’anno in cui viene fatta risalire l’immissione della Trota Fario da parte del Consorzio Obbligatorio per la Tutela della Pesca nei Laghi di Garda e Idro.

Nel 1987 apparve per la prima volta sui banchi del mercato del pesce della cooperativa “Fra Pescatori” di Garda un Salmerino Alpino, identificato dall’Ittiologo Enzo Oppi.

Parecchie furono le successive catture nella zona dei monti, tra San Vigilio e Sirmione, per poi scomparire, come fu per il Salmerino di Fontana.

Ecco che arriva poi il Pesce Siluro a fine anni ‘80, un pesce invasivo al vertice della catena alimentare, oggi pare in aumento. Poco dopo fu la volta del Pesce Gatto Africano nel ’90, così l’Acerina, la Pseudorasbora e l’Amur.

Non sono sceso troppo nel dettaglio in questo resoconto, ne sarebbe uscito un testo eccessivamente lungo, ma è sufficiente per una riflessione: la biodiversità gardesana, oltre alle difficoltà legate alla modifica dell’habitat, ha risentito e risente certamente anche di queste immissioni, volontarie e non, consapevoli o meno…e devo dire che mi sono soffermato solo sulle specie ittiche.

La grande ricchezza e la “fortuna” del Garda era determinata dalle specie autoctone come la Trota Lacustre, il Carpione, L’Anguilla, l’Alborella, l’Agone.

Oggi di fatto resta solo l’Agone come specie autoctona numericamente degna di nota e il Coregone Lavarello, l’unica specie non autoctona ad aver esaudito l’aspettativa per cui fu immessa un secolo fa.

Serve ragionare se determinati comportamenti legati per esempio al prelievo/immissione, sia a scopo sportivo che professionistico, siano effettivamente ancora sostenibili nelle modalità con cui sono sempre stati effettuati.

Probabilmente servirebbe concentrarsi di più e credere veramente al recupero delle bellissime specie autoctone di cui il Garda era custode…il che potrebbe anche essere compatibile, quando supportati da conoscenze scientifiche adeguate, con il mantenimento e la gestione di alcune specie non autoctone ormai ben acclimatate e facenti parte della storia e tradizione gardesana. Personalmente credo possa essere questo il mio augurio per l’ittiofauna del Lago di Garda in questo nuovo anno.

Buon 2022 a tutti voi…W il Lago di Garda.

Filippo Gavazzoni

ACERINA

AMUR

BOTTATRICE

CARASSIO

CEFALO

PERSICO SOLE

PESCE GATTO

SALMERINO ALPINO

SALMERINO DI FONTANA

SILURO

TROTA IRIDEA

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