L’ATTREZZATURA DEGLI ANTENATI

Ho già pubblicato quì su Match Fishing Italia scritti riguardo alle origini di alcuni attrezzi che usiamo comunemente per la pesca al colpo, ed ho pure puntato la lente sulle conoscenze tecniche di costruzione della lenza e della guida della medesima nella pesca alla passata usata dai nostri antenati, ma non smettendo mai di ricercare, di cose “nuove “ ne vengono sempre fuori, così ho deciso di fare un po il punto sull’attrezzatura per pescare con la canna che veniva usata in Italia…già la canna…vi ho già scritto anche come veniva costruita in Inghilterra nel 1496 con i suggerimenti della Juliana Berners; ma da noi quando appaiono i primi disegni e scritti che ne parlano?

Così eccomi quì di nuovo:

LA CANNA DA PESCA E LA LENZA

Fra gli affreschi del monumentale Campo Santo di Pisa che sono stati eseguiti da vari artisti dal 1330 fino alla fine del 1400 l’amico Armando Piccinini, che a suo tempo ci dilettava con scritti storici di pesca sulla rivista Pesca In, ha scovato il dipinto di un frate con una canna in mano, in chiara azione di pesca !

1304-1309

Il primo scritto che nomina la pesca con la canna che ho scovato è appena antecedente 1304-1309 tanto il tempo che occorse al bolognese Pietro Dè Crescenzio per stendere il testo, dove, parlando dei modi con cui si può catturare un pesce con l’amo ci scrive:

“ l’amo s’appicca ad una funicella fatta di peli bianchi di coda di cavallo, e vi si avviluppa intorno il cibo che appetisce più ai pesci, si che non si vegga l’amo e la funicella si lega in sommo d’una bacchetta sottile”

Eccoci a dama, la “ bacchetta”, è la nostra canna da pesca, anche se in questo caso non c’è specifica sul tipo di materiale da usare per costruirla, mentre per la lenza è evidente che ancora mancando l’uso della seta – almeno a pesca – la seta nel Nord Italia diviene comune circa nel 1400 la si costruisce ( il terminale almeno) solo con il crine di cavallo!

1600

Dopo tre secoli il padovano M. Africo Clemente entra nei particolari almeno del legno da usare, e attenzione, perchè per la prima volta si nomina anche la “canna dolce “, e la si ritiene anche la più idonea di tutti i legni…vediamo lo scritto:

“ …preparasi una buona bacchetta,( canna )lunga e salda di “Salgaro” ( Salice viminario o Vimini) , o altro, overo, una cannavera ben inascita, secca, dura, longa e salda , che è meglio, e più commoda, e destra, si come quasi sempre io ho affermato …”

Per quanto riguarda la lenza ( terminale) trascorsi tre secoli è arrivata anche la seta…leggiamo il suo scritto:

“La sedarina dove si lega l’hamo deve esser di otto sete di cavallo di perfetta età, bianco, e non più grossa acciò non sia veduta dal pesce: overo facciasi di sete dieci di seta bianca buona, reale e forte, se però non si pescasse in luoghi sporchi, herbosi, e pieni di frondi, che all’hora si intricherebbe facilmente, come io per longa prova ho veduto.

In questa epoca dunque abbiamo già due tipologie di terminale: crine e seta, quasi sempre avvolti a treccia in più filamenti.

Ma entriamo anche in contatto con l’hamo, di cui già vi ho fatto un articolo, perchè mi piace farvi leggere proprio lo scritto di questi due antenati:

1304

Di ami Pietro Dè Crescenzio , ad esempio ci informa nel caso si decida di pescare con il pesciolino, scrivendoci:

“ Bisogna che questo amo sia di ferro grande e forte, e ravvolto appresso con forte cordella di filo, acciocchè non si possa rodere …

Vi metto come riferimento per comprendere la legatura un disegno francese del 1816

Sempre di ami parlando ci rivela uno strrumento per prendere le Tinche, lo Spaderno:

“ Gli spaderni sono tre aghi di rame ritorti, e legati insieme ( siamo all’ancorina barbless…)i quali si legano a certe funicelle brevi.
E vi si pongano code di gamberi o lombtichi grossi per esca, e la sera si gittano in acqua distesi, con un sasso appiccicato a l’un dè capi della fune, e la mattina si levan via le Tinche prese.” ( E quì siamo al filaccione che tutti i miei coetanei conoscono bene…)

1600

Quello che sopra l’articolo hamo spende tante parole è invece Africo:

“Ed io, avendone adoperati quasi di ogni paese, per circuito di ottocento e più miglia ( un miglio nel 1600 era 1785 metri stiamo perciò parlando di 1500 km di raggio intorno a Padova), più non ho trovato li migliori e più perfetti degli Todeschi.
Et questi io laudo e approvo per gli più eccellenti, quali già alquanti anni, che sono venuti in uso in queste bande, gli ho usati, e tuttavia gli uso.
Et questo perchè hanno tre qualità, che si cercano alli buoni hami, cioè bella volta, o piegatura, e via sopra modo (?) e di temperatura esquisita.
Vero è, che in questa città ( Padova) vi sono anco huomini, che quando volessero ne farebbero di buoni, come sono alcuni relogiari *( orologiai? Reologi ? Propendo per la prima…) , et altri, che fanno professione di pescatori.

*La Reologia viene fondata come società del 1929 anche se nel 1678 esiste già una prima legge fisica (legge di Hooke) che descrive la fisica dei materiali deformati. Mentre gli orologi nel 1600 erano già in produzione almeno da 2 secoli. ½

D’altra parte Africo Clemente ci descrive anche che tipologia di ami da usare pesce per pesce e nel 1600 ci avvisa che:

“Per i Luzzi fa bisogno adoperar hami grandi per la gran bocca, che hanno, et con questi si innescano le Scardole, o altri pesci, o grandi, o piccoli, a seconda la qualità dei Luzzi, per li quali si pesca.
Et avvertiscasi di legare gli hami non con sedarida di sete di cavallo, ma con spaghi saldi, armati per quattro volte appresso all’hamo con fil di rame cotto, altrimenti la roderebbero in un attimo”

Siamo già al “ corrazzamento” metallico…

Su quelli per la Carpa – che non appare nello scritto del 1304 del De Crescenzio – molto probabilmente ancora assente dal nostro territorio – invece ormai presente nel 1600 almeno da più di un secolo in Italia – , avvisa:

“Alle Raine, ami mediocri ( medi) , ma buoni, et perfetti, essendo che li maneggiano a modo loro , per mezza hora, et più, quando sono grande, et a me ne hanno rotto a centenara “

E così via per tutti i tipi di pesce dal cavedano ( dove consiglia di usare ami che non abbiano una punta molto alta , perchè questo pesce è vitioso e se ne accorge e appena si punge lascia subito il boccone)…al barbo alle scardole e alle anguille.

MA VISTO CHE SI PARLA DI AMI…

Concedetemi una parentesi francese, sul modo di legare gli ami a paletta…

si perchè il nodo Snel che eseguite ora sui paletta ( io mi astengo uso quelli ad occhiello) era già raffigurato nel 1828 su di un bel libro francese, e c’è anche MOLTO DI PIU’ in questa pagina, perchè ci sono I bigattini infilati in serie su di un grosso amo, e nemmeno “calzati” ma penzoloni…e andando oltre si vede bene come in Francia ma forse anche in Italia nei primi dell’800 già si praticasse il “ method “ gloria moderna di specialisti arditi… si vede bene la palla confezionata con i bigattini e l’amo innescato celato dentro, con tanto di tratto di lenza e piombo ivi inserito, notare come si lasci che le punte dei bigattini fuoriescano dalla palla. Nella pagina anche il disegno di come armare con la frutta penso una ciliegia, e come innescare un seplice pasterello.

MA I GALLEGGIANTI?

Se nello scritto del 1304 il De Crescenzio non li nomina, Africo ci apre il sipario anche su questo oggetto culto:

1600

“… e liga con detta sedarina ( lenza di “seta”) uno cannuollo secco e saldo di canne di “Sorgo “( Saggina), overo di “Suro” da zoccoli ( Sughero?), havendo l’occhio, che tanto sia lontano l’hamo dal cannuollo, quanto sarà il fondo dell’acqua”

Allora ilprimo galleggiuante italiano è un tubetto di Saggina secca o un tratto di “sughero”, e già si misura il fondo…

Successivamente parlando della pesca della Tinca…traduco: Se poi è il periodo molto caldo in cui le Tenche salgono verso la superficie, allora basterà mettere meno fondo, – agginge Africo -” che il cannuollo” guardi in su al Cielo, per facilitare il tirare della Tenca…siamo già alla posizione corretta del galleggiante in verticale!!

Per ritrovare una considerazione simile sul modo corretto di usare il galleggiante in Italia dovranno passare più di TRE secoli e arrivare al disegno del Luca Manetti nel suo Manuale del Pescatore del 1905 che vi hi già proposto in un precedente articolo.

Sul galleggiuante vi ho scritto dei piombati, ma è un mondo infinito, che nella pesca è sconfinato nel collezionismo inconsapevole, ve ne voglio far vedere qualcuno:

Vi metto a confronto due cataloghi dove sono disegnati i galleggianti in uso in quei periodi

ITALIA 1862

FRANCIA 1893

E quelli in uso nel 1900 ripresi dal catalogo fiorentino del Morelli del 1914

Vi metto anche i disegni che l’amico Massimo Gigli ( classe ‘46) mi fece una sera mentre si parlava dei nomi dei galleggianti antichi, siperchè da Cannuollo, si passò a Piva ( che poi diverrà fatta solo di calamo di penne o di aculei di porco spino oistrice) per poi prendere il nome di NATTA nel momento che la Piva si inseriva in un Sovero,( sughero ovale forato centralmente) dando vita al “Francesino” che in realtà si chiama modello TIMPO!

Nel parlare con Massimo ci siamo resi conto come I nomi più o meno storpiati siano arrivati dalla fine dell’800 perlomeno fino agli anni ‘60. Il” natta” del 1850 ( presente in uno scritto torinese del Domenino nel 1850, anche se era in realtà un’ovale di sughero, diventava a Firenze degli anni ‘50 il “ nattello” o “ natterello” ed era un gallegguante a Piva, cioè un calamo di penna di uccello inserito sulla lenza come vedete nel disegno,

Particolare il galleggiante di sughero fatto proprio a tappo di fiasco con una punta del calamo di oca infilata dentro senza levarne le piume…( che avete già visto nel disegno del catalogo del Morelli), iall’epoca di Massimo era chiamato “ toscanello” ed era venduto così, con le piume, non ne so il motivo, ma ad esempio all’epoca di Massimo, usavano mettere una penna sulla lenza appena piombata per calarla alla luce e vento da sopra i ponti, giù verso il fiume in modo che giunta la lenza alla “luce “ dell’arcata, l’aria che ci fluiva potesse distendere e appoggiare sull’acqua in modo dolce la montatura e l’esca, mi sembra che il sistema si chiamassa “ a Veletta” !

Non so se fosse quello lo scopo, del toscanello, cioè sfruttare il vento, magari a reggere…ma tempo fa Roberto D’Angelo,( 1937) anche lui giornalista che scriveva sulla rivista Pesca In, parlandone mi disse, parole sue: erano con I pennacchi delle piume semplicemente perchè non perdevano tempo nemmeno a ripulirli…

TATTICHE ANTICHE

Si sa la tattica antica a noi ora interessa meno, I pesci sono viziati dalle pastrure di bigattini e altro, ma all’epoca del De Crescenzio e anche a quella di Africo I suggeriemeti di come comportarsi erano importanti vediamo

1304 CRESCENZIO

“…vale anco contra i pesci astuti, che non vogliono pigliare l’esca appiccicata alla fune, se avendo una bacchetta, e una fune senz’amo, la mandi nell’acqua senza esca, alla quale corrono alcuni men cauti, e la pigliano senza pericolo, la qual cosa fatta più volte, si gitterà poi l’amo, al quale correranno anche I pesci accorti”!

1600 AFRICO

“Avvertendo anco, per particolar aiuso, che dove sarà poca acqua di maniera , che si veda il fondo, all’hora , e in tal caso non occorre pescar con hami: percioche se ve ne fossero mille capi non se ne piglieria uno in tutto il giorno, essendo che quando il pesce vede il pescatore, e che non si può nascondere, talmente si spaventa, che piutosto morirebbe di fame, che pigliar l’hamo innescato, e io ho provato le centinara di volte, mettendoli anco l’hamo quasi in bocca”

Ma AFRICO va anche oltre e da un suggerimento che fa storia…:

“…voglio raccontare anco a tutti quelli che non sanno pescare, un modo, un’ordine, et una prattica, mediante la quale ogn’un sedendo sopra una cariega ( leggi sedia ) senza fatica et spesa di trovar pescatori, ne piglierà a suo volere, et è questa:

“Facciasi così. Il Giovedì sera, volendo pescare il Venere seguente di mattina, si cuoca per un’hora una scodella di miglio nell’acqua melata ò vino bianco dolce, mescolato con pezzetti di formaggio salà Condiotto vecchio, et marzo, trovandosene per manco spesa, havendo preparato doi, o tre balloni di creta ben lavorata, e facciasi mescolanza, di maniera, che in ogni luogo della creta si veda il miglio, così fiori come dentro di etia creta.

E gettansi nel luogo ove si vorrà pescare, et meglio sarà gettarvi pezzetti crudi di detto formaggio salà, et quanto più sarà vecchio, e di gran sapore, e più opererà.

Si può anco gettarvi del Sorgo et ogni altra orte di grano, et la detta mattina del Venere, vadi il Pescatore con la sua bacchetta overo cannavera preparata, come io ho detto di hamiet esche atte a quel pesce, che si vorrà pigliare, et al sicuro nel piglierà quanto li parerà”

Non ci sarebbe nemmeno da spiegare, siamo alla prima cibatura ed al primo uso del formaggio che a quanto pare era cosa ben consolidata già nel Medioevo, anche per pescare con la canna.

A.Z.

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