BARBI IN PASSATA SUL TEVERE ROMANO

Sono passati un po’ di anni da quando frequentavo più assiduamente il biondo Tevere per puro diletto.

Le gare durante la bella stagione, i laghetti in inverno ed i molti impegni che purtroppo ognuno di noi ha, mi hanno fatto trascurare per lungo tempo le generose sponde romane.

L’occasione si è presentata ghiotta in questi giorni, approfittando della visita del mio amico Simon, inglese trapiantato in Finlandia e mio compagno di squadra nel Team Fish Helsinki.

Le volte precedenti ci eravamo visti in periodi di piena e così, finalmente, approfittando del clima favorevole siamo riusciti a portare in acqua le bolognesi con la speranza di far catturare a Simon il primo barbo della sua vita.

Il tratto di fiume prescelto è noto ai romani come “barbeto”, particolarmente ricco di questa specie, forse dovuto al carattere semi torrentizio, con correnti anche molto sostenute, fondo ciottoloso e rigiri d’acqua prescelti come habitat dai possenti baffuti capitolini.

Attrezzatura ridotta al minimo indispensabile, un paio di bolognesi da 7/8 metri, alcuni galleggianti da 3 a 6/8 grammi ed un po’ di bigattino è tutto quello di cui si ha bisogno per passare qualche ora piacevole senza lo stress di dover montare “l’arsenale da gara”.

Durante i giorni feriali, la diga di Castel Giubileo fa sì che la corrente sia più sostenuta rispetto ai weekend, dove non di rado si possono trovare aree con acqua molto lenta o quasi ferma verso i 20 metri da riva, ed è possibile alimentare anche soltanto con bigattino sfuso.

Non era oggi il caso, e per questo motivo abbiamo preferito incollare il bigattino con della arabica e del ghiaino fine, pur armando lenze abbastanza leggere, comprese tra 4 e 5 grammi

Il fondale in questo tratto si aggira attorno ai 3,5 metri e la classica spallinata da fiume da 1,20 mt circa, con pallini compresi tra il numero 8 ed il 2, ritengo sia la scelta migliore

L’aspetto tecnico più rilevante e divertente secondo il mio parere riguarda il rapporto diametro del finale-amo.

Il fondo è molto disconnesso e presenta numerosi appigli, rocce soprattutto, ma anche alcuni rami e molte erbe sommerse in estate, così anche se intendiamo utilizzare finali generosi per portare a guadino pesci importanti, ritengo fondamentale utilizzare ami molto piccoli, numero 20 e 22, a curvatura stretta e tre bigattini innescati in modo tale che urtando spesso contro le pietre sul fondo, non riescano a farne presa, ma riesca a proseguire la passata e sia il bigattino stesso che urtando le pietre eviti l’incaglio

In questo modo riusciremmo a pescare senza dover sostituire il finale ad ogni passata, cosa assai probabile pescando con ami anche leggermente più grandi o con curvature larghe. Ottimi riscontri anche con gli ami senza ardiglione.

Come terminale ho scelto uno 0.16, i barbi del tratto cittadino possono arrivare e sorpassare i 3 kg, e godere di corrente sostenuta a loro vantaggio, quindi meglio un finale affidabile.

Una volta entrati in scia del bigattino incollato le mangiate non tarderanno ad arrivare, l’acqua corrente ed il movimento stesso dei pesci ci aiuterà a fare passate anche molto lunghe ed avere altre gradite sorprese oltre ai numerosi barbi.

Non è raro infatti prendere dei bellissimi gardon, cavedani e breme, soprattutto se si preferiscono spot con meno corrente.

Oggi un paio di “vecchietti” sui due kili sono venuti a farci visita, insieme ad altri mediamente intorno al Kg. di peso

In estate, quando le molte erbe garantiranno riparo, non sarà difficile poter prendere numerosi gardon di tutte le taglie, cavedani, gardons, breme carassi ed anche carpe, oltre naturalmente a barbi di tutte le taglie.

Consiglio vivamente di provare questo ed altri spot simili sparsi per lo stivale, con pochissima spesa ed uno sforzo minimo si può essere gratificati con soddisfazioni degne di una puntata di “River’s Monsters”!

Per Matchfishing da Roma è tutto, Alessandro Carrus

 

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