Prede tropicali : Cernie tropicali

Maculate, brune, rosse, a pois, ma sempre cernie tropicali, espressione di grande potenza e che solamente quando l’hai in canna ti accorgi con chi hai a che fare.

La cernia, nelle sue varietà di specie, è presente in quasi tutte le acque del Globo.

In Mediterraneo normalmente predilige acque profonde, è infatti raro trovare esemplari di taglia adulta nella batimetrica al di sopra dei trenta metri, ma nelle aree tropicali la si può incontrare anche in pochi metri d’acqua, spesso in prossimità della caduta della barriera corallina, in attesa che il suo pranzo passi in vicinanza delle sue poderose ed enormi fauci.

Nei nostri viaggi nei mari caldi ne abbiamo pescate molte e con tecniche diverse, a volte in modo casuale, a volte mirando la pesca, proprio per cercarne la cattura.

Inizialmente avevamo sempre adottato la tecnica più semplice e più diffusa, il classico bolentino pesante, poi, volendo selezionare la taglia delle catture, siamo passati al drifting, impiegando come esca pesci interi, vivi o morti di grossa taglia, e non più tagliati a pezzi.

La dove le cernie erano pescabili al di sopra dei quaranta metri le abbiamo insidiate a traina, caricando i mulinelli con il monel e tentandole con grossi minnow dotati di generose palette.

Negli ultimi anni abbiamo scoperto il jigging e anche con questa tecnica ci siamo levati delle belle soddisfazioni, nelle acque molto basse, poi, a ridosso o sopra il reef le abbiamo insidiate anche a popping.

Parlando di cernie tropicali intendiamo un gran numero di specie, non ne identificheremo quindi una sola in particolare, ma in modo generico.

Cernie e tecniche

Affrontare pesci di una certa mole e dalle potenti reazioni di difesa impone attrezzature adeguate, è, così, consigliabile affrontare i nostri avversari con attrezzature che ci diano un buon margine di successo nei loro confronti: in certi casi, infatti, è del tutto inutile parlare di sportività poiché, a nostro avviso, è preferibile catturare un pesce e poi rilasciarlo piuttosto che tentare di combatterlo in modo inadeguato, farsi strappare la lenza, lasciando così al pesce ben poche possibilità di sopravvivenza.

Bolentino e drifting

Nel bolentino e nel drifting possiamo impiegare tradizionali canne da traina oppure le così dette “boat’s rods”, quelle cioè con cui si pesca con i classici mulinelli a tamburo fisso, naturalmente di libbraggio appropriato.

A nostro avviso le canne, per essere sfruttate al massimo dovranno avere una potenza non inferiore alle trenta libbre, anche se salire alle cinquanta e in certi casi alle ottanta non ci sembra un’idea sbagliata, anzi, forse potrebbe essere la scelta più giusta, naturalmente se il nostro fisico ce lo permette. Ottime le ripartite 30-50 libbre, le 40-80 e le 50-100.

Il mulinello, sia che si opti per la soluzione fisso come rotante, dovrà essere molto potente e capace di contenere almeno trecento metri di treccia PE 6-8-10-12 e la frizione tarata oltre i 15 chilogrammi. Specialmente nel drifting è consigliabile impiegare uno shock leader in nylon o meglio in fluorocarbon da 150-200 libbre.

Tra bolentino e drifting non vi è una differenza abissale: sono entrambe tecniche di pesca a fondo, ma se nel bolentino le tocche si avvertono direttamente sulla canna, nel drifting le esche sono sostenute da un palloncino che, oltre a permetteci di visualizzare le abboccate ci consente di far allontanare le esche stesse dalla barca e quindi di filare in acqua lenze a distanze e profondità diverse, senza temere inestricabili garbugli.

Altra differenza riscontrabile consiste nella taglia delle esche impiegate: nel drifting si impiegano normalmente grossi pesci interi (vivi o morti) mentre nel bolentino si prediligono esche più piccole (relativamente) come le trance o le teste degli stessi pesci.

Traina

Se le nostre cernie sono catturabili nella fascia d’acqua al di sopra dei quaranta-cinquanta metri, ad esempio a ridosso di una lunga barriera corallina, e non abbiamo voglia o possibilità di pescarle con esche naturali, possiamo provarle a traina.

Si tratta di una tecnica di pesca piuttosto pesante: canne da 50-80 libbre, mulinelli della stessa misura caricati con trecento metri di monel (filo in lega d’acciaio auto affondante) sempre da 80 libbre oppure con minnow, dalla grande paletta, da venticinque-trenta centimetri e dal grande affondamento.

Non occorre trainare in velocità, tre-cinque nodi sono sufficienti, per insidiare questo pesce. Le zone ideali di pesca sono a ridosso del reef o su fondali piatti con rocce sparse.

La mangiata è sempre violenta e dopo un attimo di stallo segue una reazione potente che si esaurisce però in tempi non lunghissimi.

Jigging

Nel Vj le canne dovranno avere un drag di fusto e riserva di potenza notevole. Si potranno impiegare delle 300-500 grammi di PE8/10, che magari non si esprimeranno al massimo quando saranno impiegate con esche più leggere, ma che ci permetteranno di contrastare la potenza delle grosse cernie, quando queste cercheranno di riguadagnare il fondo (sempre se il nostro fisico ce lo permette).

In questa tecnica mirata, potranno essere privilegiati i mulinelli a tamburo rotanti che, anche se di piccole e medie dimensioni, sono oggi in grado di sopportare serraggi di frizione oltre i 15 chili. L’impiego del fisso, naturalmente non è precluso a patto che si impieghino mulinelli di comprovata qualità.
In bobina si monteranno trecce di PE8/10 a cui seguirà uno spezzone di fluorocarbon da 150/200 libbre, lungo una decina di metri.

Testo e foto di Alessandro Righini 

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