IL LUNGO VIAGGIO DELLA BALSA DALLA FORESTA EQUATORIALE A CASA BACCI
Riproponiamo un articolo realizzato con Gino Bacci sulla produzione dei galleggianti per la pesca al colpo apparso per i tipi di Pesca In. Buona lettura!
COME NASCE UN GALLEGGIANTE?
Nonostante sia da sempre il naturale complemento della lenza del pescatore al colpo, questo fondamentale accessorio mantiene intatto il suo fascino e la sua magia.
Dai tempi del tappo di sughero alle più moderne evoluzioni tecnologiche, il segnalatore di abboccata (termine tecnico con cui si può definire il nostro) ha sempre esercitato una attrazione fatale sul pescatore al colpo, che tramite esso “interpreta” quanto succede sotto la superficie dell’acqua, unico mezzo di comunicazione tra lui ed il pesce.
Con le sue mille forme e colori, il galleggiante ci accompagna nelle nostre pescate e nelle nostre gare; ma quanto possiamo dire di conoscere di questo nostro compagno di avventure?
Sappiamo sempre veramente il perché scegliamo un modello ed una misura in una certa situazione?
Per affrontare in maniera esaustiva l’argomento niente di meglio che avere un interlocutore che di questi preziosi accessori ne realizza centinaia di migliaia ogni anno da ormai 30 anni: Gino Bacci, agonista conosciutissimo in Italia e all’estero ed autentico punto di riferimento in questo segmento di mercato.
Questa è la carta d’identità di Gino Bacci pescatore e imprenditore?
Ho iniziato a fare qualche garetta nel 1977 ed ero nella società di Castenaso, un paesino nei pressi di Bologna, poi da lì andai all’Ozzanese dove ho iniziato a fare le gare che si facevano una volta ad Ostellato; con i carassi pescati a bolognese; dopo 5 anni fui richiesto da Bazza alla Lenza Casalecchiese e con quella società e Luciano Bazza si faceva l’Eccellenza con buoni risultati.
Ho seguito Luciano Bazza alla Minerva RossoBlu e con Luciano abbiamo pescato assieme per circa 25 anni, durante i quali ho avuto tante soddisfazioni sportive tra le quali la convocazione in Nazionale per alcuni anni; poi sono andato al Gambero Milord, per due stagioni, con il quale ho vinto l’A/3 ed il Titolo Italiano a coppie assieme a Loris Macchiavelli, poi lo scorso autunno sono tornato a Bologna al Team CastelMaggiore Maver con il quale partecipo al CIS .
Quanti anni avevi nel 1977 quando hai iniziato a gareggiare?
Avevo 22 anni
Normalmente si diventa appassionati di pesca iniziando da bambini; tu da bambino cosa facevi: giocavi a figurine, giocavi al calcio…
Oltre a quell cose, da bambino con mio padre andavo soprattutto a pescare e tutte le domeniche. Andavamo nei fiumi della Romagna: il Senio, il Lamone, il Ronco, per 7-8 mesi all’anno, perché nei mesi invernali una volta non si pescava …
Poi ti sei appassionato di competizioni fino ad indossare la maglia azzurra…
Si, sono stato parecchi anni ai vertici dell’agonismo, con la mia presenza nel Club Azzurro per una dozzina di anni; sono stato un paio di anni in Nazionale, ho vinto le Super Selezioni quando si concorreva in 10, sono arrivato secondo nel Club Azzurro un paio di volte, sfiorato il podio cinque volte nel Campionato Italiano individuale…
Ti sei tolto delle soddisfazioni anche in gare internazionali come il VDE e l’Italian Master…
Si, ho vinto diverse gare con i miei compagni del Team Bazza prma ed ora del gruppo Maver.
Gino, a parte abbiamo tratteggiato la tua carriera agonistica. E la scelta di dedicare l’altra parte del tempo della tua vita alla realizzazione di galleggianti da pesca quando l’hai maturata?
“Nel 1983 ebbi l’occasione di andare a fare dei lavori nell’azienda di un produttore di galleggianti e praticamente mi misi in società con questa persona per tre anni; poi ho scelto di mettermi in proprio facendo tanti sacrifici per i primi 6 anni; poi, fortunatamente, visto che qualcosa di buono facevo, sono riuscito a inserirmi in questo mondo.”
Vuoi dirci chi lavora con te in azienda?
“Noi siamo letteralmente una azienda a conduzione familiare, visto che, oltre a me, vi lavorano stabilmente mia moglie Lella e mia figlia Silvia. Abbiamo anche una dipendente interna e molte collaboratrici esterne qualificate.”
Qual è il tuo mercato?
Il 90% della mia produzione è dedicata alla pesca al colpo mentre per il mare faccio poche cose, perché noi siamo specializzati in galleggianti piccoli. Il mio mercato è tutta l’Europa, Russia compresa; vendo in diversi paesi e tra i miei clienti annovero diverse grandi marche internazionali oltre ad una linea di miei galleggianti a marchio Bacci, su tutti i famosi Luna e Apache.
Quindi la qualità dei tuoi prodotti è assicurata anche dal fatto che tu, essendo pescatore, i galleggianti li provi sempre in tutte le situazioni di pesca…
Si, è vero, per me è importante provare i prodotti e dare poi anche i miei consigli ma ci sono aziende che vogliono dei galleggianti che io non farei mai, ma se in certi Paesi vanno quelli, io quelli faccio. In Francia, ad esempio, vogliono dei galleggianti con antenna e deriva molto corta, che noi in Italia non useremmo mai ma loro sono abituati così e dopo trent’anni ancora quelli mi richiedono.
E con questa crisi come va con la produzione di “tappi di sughero”, come si diceva una volta?
Se devo essere sincero non ne abbiamo risentito tanto, anzi in certi periodi abbiamo consegnato al limite del tempo stabilito con il cliente!
Nella tua produzione non ci sono i galleggianti inglesi, scelta dovuta a quale ragione?
E’ stata una scelta relativamente recente, perché diversi anni fa li facevo. Poi é comparsa un sacco di gente che se li faceva da soli a casa, in cantina, e avevano rovinato il mercato; per questo ho smesso anche perché per fare i galleggianti inglesi occorre immagazzinare molto materiale tipo penne di pavone e piombo e non sempre c’era la convenienza. Poi è anche successo che la pesca all’inglese è andata quasi sparendo in questi ultimi dieci anni e solo di recente ha avuto una nuova, relativa fiammata e quindi é stato meglio concentrarsi sui galleggianti tradizionali.
Abbiamo visto che oltre ai galleggianti commercializzi anche scatole porta finali; ne abbiamo vista una accessoriata, molto bella, anche quella di grande stile e qualità..
Non si tratta di una vera e propria commercializzazione in grande stile ma per uno sfizio mio: ho fatto realizzare una scatola particolare perché mi piaceva e che comprendesse tutte le caratteristiche che per me sono necessarie in questo tipo di prodotto ma non ho nessuna intenzione di allargare la mia produzione a scatole o scatolette porta ami. Bastano e avanzano i galleggianti.
Gino, come nasce l’idea di un galleggiante? Come arrivi alla realizzazione di un nuovo prototipo? Cosa ti fa accendere la lampadina?
“Un galleggiante nuovo nasce attraverso momenti di riflessione frequentando un campo di gara e, attraverso l’esperienza, si abbozza il prototipo che poi viene perfezionato dopo innumerevoli prove fatte dal sottoscritto ma anche dagli amici che mi danno sempre preziosi consigli per completare il prodotto.
Pensi ad un galleggiante specifico per quel tipo di pesce, lo fai, lo aggiusti, lo cambi ma soprattutto ascoltando i discorsi della gente, e devo dirti che ascolto soprattutto i discorsi di chi non è ai vertici dell’agonismo, perché in questi casi contano i giudizi di tutti; bisogna ascoltare tutti anche il più scarso dei pescatori.”
La realizzazione del galleggiante può essere fatta con materiali differenti, vuoi elencarceli?
“In linea teorica ogni materiale galleggiante potrebbe essere usato. L’esperienza di tanti anni ci ha insegnato che il materiale per eccellenza è comunque il legno di balsa, particolarissimo nella sua struttura. Vengono comunque impiegati anche materiali plastici particolari, come i poliuretani, l’eva, ecc. Io uso ancora prevalentemente legno di balsa, visto che la nostra è una produzione di qualità rivolta ad una clientela molto esigente come l’agonista. Solo per alcuni modelli di piastre stiamo usando da un po’ del materiale plastico ad alta densità.”
Come è cambiata la tua produzione con il cambio delle specie di pesci nelle nostre acque? Siamo passati dalle alborelle ai carassi e alle breme. Tu come ti sei adeguato?
Si, ho dovuto anch’io adeguarmi con il cambio dei pesci e con le nuove esigenze; ad esempio la breme ha cambiato notevolmente la richesta sulle forme dei galleggianti, ad esempio i carassi richiedevano antenne di plastica mentre ora le breme richiedono antenne di carbonio, di vetro o di acciaio e derive di ferro o in vetro, per dare più sensibilità al galleggiante.
Ci hai detto di usare quasi solo il legno di balsa per le tue produzioni, parliamo del lungo viaggio di un galleggiante dalla foresta equatoriale ai banchi dei negozi di pesca..
“Uso quasi esclusivamente legno di balsa di alta qualità. Il legno di balsa, che ha la caratteristica di essere estremamente leggero, viene normalmente dall’Ecuador; si lavora anche da altre parti ma la produzione migliore è quella ecuadoregna. Dopo un viaggio di 45 giorni in nave arriva a Genova dove avviene lo sdoganamento e viene spedita ai vari clienti che la richiedono.”
QUESTIONE DI TATTO!
Una volta arrivata a casa tua come inizia la lavorazione?
“Le barre quadrate, di misura solitamente da cm.15 x 15 e lunghezza di 2 metri circa, vengono controllate una ad una e selezionate per il tipi di esigenza richiesta. Questo è il primo, fondamentale, passaggio che determina la realizzazione di un buon galleggiante da uno mediocre. Mi spiego: all’origine non viene fatta una selezione in base all’uso cui è destinato, quindi quando arriva il legno di balsa mediamente solo il 60/70% va bene per fare il mio lavoro, per una produzione di alto livello, il resto serve per altri usi e per il mio utilizzo è da scartare. La balsa può sembrare tutta uguale, ma posso assicurarti che realizzando due modelli identici con balse dalle caratteristiche diverse, si ottengono due prodotti in apparenza uguali ma con caratteristiche in pesca spesso difformi. Per fare galleggianti orientati per la competizione tipo Luna o palline o Apache ho bisogno di balsa che mi faccia ridurre il volume del galleggiante al minimo. Una balsa pesante influisce sulla portata del galleggiante. Uno dei concetti fondamentali per valutare l’efficacia di un galleggiante è il suo modo di “entrare in pesca”; per fare ciò, soprattutto nei modelli di piccola portata, dobbiamo osservare bene il comportamento del segnalatore quando stendiamo la nostra lenza: il galleggiante in acqua deve seguire la traiettoria della piombatura, deve esserne trascinato, grazie alla sua leggerezza; se succede il contrario il galleggiante non lavora bene. Sembra una distinzione minimale, alla quale pochi fanno caso ma, ripeto, è fondamentale.
Anche in relazione a questo, quindi, occorre selezionare bene il materiale per fare un buon prodotto per l’agonista, anche tenendo conto del tipo di forma che dovrò realizzare. Infatti, a seconda che si debba fare un corpo tondeggiante piuttosto che uno sfilato come un galleggiante da alborella, occorre scegliere tipi di balsa dalle caratteristiche diverse. Per le alborelle, ad esempio, si usa una balsa molto leggera ma nello stesso tempo più compatta perché altrimenti quando ci peschi lo rompi.
Questa selezione io la faccio esclusivamente saggiando le varie barre grezze, una ad una. Dopo tanti anni, ormai, semplicemente guardando e soppesando il grezzo in mano, mi rendo conto di quello idoneo e di quello… da camino!”
UN TAGLIO E… VIA!
“Una volta scelta la balsa giusta, questa passa nella sala taglio dove viene sezionata in relazione al tipo di galleggiante da realizzare, ovviamente più alta sarà la grammatura del galleggiante più grande sarà la dimensione del quadrello da sezionare e lavorare.
Una volta realizzato il bulbo grezzo grazie alla lavorazione di un tornio tecnologico guidato da un computer con CAD, un particolare programma informatico che mi permette di disegnare al computer la forma del galleggiante, partendo da una portata ipotetica di 1 grammo; in seguito, con un sistema di calcolo automatico gestito dal programma, posso aumentare o diminuire le dimensioni e quindi la portata del modello prescelto, senza modificare in nulla le proporzioni della forma originale. Questi dati sono poi conservati in una banca dati a cui posso attingere anche in futuro, se debbo riassortire una produzione.”
Entriamo nel campo minato delle forme dei galleggianti, che hanno sempre generato forti discussioni fra i pescatori. Tu, da esperto, puoi dirci come scegliere una certa forma, la lunghezza della deriva, ecc.?
“Diciamo subito che di forme ce ne sono anche troppe, ne basterebbero solo alcune per risolvere il problema. Ad esempio un galleggiante col collarino un po’ lungo per le acque ferme, uno più tondeggiante per le acque correnti, uno a pera rovesciata. Proprio in relazione a questa forma, voglio raccontarti quella che è la mia esperienza personale. Fino a 7/8 anni fa io non usavo mai o quasi mai questo tipo di galleggiante, perché non mi piaceva. Mi sono convinto ad usarlo, all’inizio controvoglia, dietro le pressioni di un notissimo agonista con il quale ho pescato in squadra per un paio di stagioni. Adesso nei carpodromi, dove c’è l’acqua ferma, in certi canali o per fare certe pesche a galla uso solo quelli, perché mi sembra che peschino meglio.”
Siamo arrivati al grezzo del corpo…
“In seguito i bulbi passano alla foratura, dove si preparano le sedi di antenna e deriva. Anche questa è una lavorazione molto delicata, eseguita singolarmente su ogni bulbo, collocato su apposite forme in metallo che lo mantengono centrato affinché i fori siano perfettamente in asse. Una volta forati, ai bulbi vengono applicate le derive.”
Spendiamo due parole su questo componente. Da un po’ di tempo vanno molto le derive lunghe e molto lunghe…
“Noi impieghiamo vari tipi di materiali per le derive, dal carbonio all’acciaio, dal tonchino alla fibra di vetro a seconda del modello e del suo uso. In linea generale, una deriva pesante, vedi acciaio, presuppone un corpo di maggiori dimensioni a parità di portata finale ed ha anche una entrata in pesca differente. La deriva influenza moltissimo il modo di lavorare del galleggiante, la sua azione. Con la deriva lunga il galleggiante entra in pesca meglio, sta più dritto, segue meglio la lenza ed è più stabile. È un concetto che si riallaccia al discorso iniziale sulla qualità della balsa e sul modo di entrare in pesca del galleggiante.
Naturalmente se peschiamo a galla, con una portata minore, lì si può anzi si deve accorciare la deriva. ”
UN CERTO LOOK…
Successivamente i galleggianti semi lavorati sono inseriti in tavolette che prenderanno la direzione della sala verniciatura…
“Innanzitutto bisogna ricordare che ci sono vernici studiate apposta per questo tipo di lavoro. Debbono avere sostanzialmente almeno tre caratteristiche: non devono fare un grosso spessore, devono garantire l’impermeabilità del corpo di balsa impedendo che assorba acqua e devono essere anche esteticamente valide. Inizialmente un galleggiante subisce mediamente cinque immersioni solo di fondo, una vernice leggerissima, a rapida asciugatura, che crea un velo di protezione dall’acqua. Una volta asciugato completamente, il galleggiante viene destinato al colore indicato dal cliente e anche questo processo è delicatissimo, poiché a volte ci sono galleggianti che necessitano di diverse immersioni per ottenere un bulbo di diversi colori, lucido, opaco, metallizzato, con righe etc. Tra le tante lavorazioni, questa è certamente la favorita di Silvia, mia figlia, che è pienamente inserita nelle fasi produttive dell’azienda e, anche se molto giovane, si sa già muovere molto bene in ogni passaggio produttivo.”
Con la verniciatura siamo quasi al termine del viaggio…
“Assolutamente no! Restano da fare il montaggio di antenne ed anellini passafilo o la creazione della sede interna per farvi passare la lenza nei modelli a filo interno, che vanno tanto di moda oggi. Anche questi passaggi richiedono che ogni corpo verniciato venga preso in mano uno ad uno ancora molte volte. Questo è un lavoro in cui le donne sono molto più brave degli uomini, sono più precise e delicate nei gesti. E pazienti! Noi abbiamo diverse artigiane esterne che provvedono a queste lavorazioni. Alla fine ogni galleggiante passa per le mani della Lella, mia moglie, che li confeziona, ne controlla le caratteristiche richieste dal cliente e ne certifica la qualità.”
L’inserimento dell’anellino passafilo a che punto della lavorazione va fatto?
“A colorazione finita per non otturare il foro con le vernici. Occorre però forare con attenzione e precisione per non rovinare la verniciatura.”
E per inserire il tubicino di gomma nei galleggianti a filo interno c’è una procedura specifica?
“Anche in questo caso la foratura è susseguente alla verniciatura, per i motivi che vi ho detto. Se si usa il tubicino di gomma morbido in PVC lo si infila su di una deriva, si passa la deriva dentro al foro e si traina all’interno il tubicino; abbiamo anche dei tubicini piccoli in PVC rigido che si infilano da soli e dopo averli incollati si tagliano le eccedenze sotto e sopra.”
E’ un’ulteriore fase di lavorazione complessa?
“Si, è un lavoro che devi fare a mano perché bisogna controllare bene che il galleggiante non si rovini.”
Abbiamo accennato alle derive, due parole anche sulle antenne…
““Ci sono sostanzialmente quattro tipi di antenne: quelle in fibra di vetro, che taglio e vernicio io personalmente in azienda; sono molto sensibili perché non hanno portata e vanno bene per fare pesche molto difficili. Solitamente si impiegano in diametri piuttosto sottili ed hanno il limite della visibilità in certe condizioni, anche se le nuove metodologie di colorazione hanno ridotto questo problema.
Poi c’è l’antenna in plastica, classica, nei vari diametri, che è ancora abbastanza sensibile ma un po’ meno della fibra di vetro. In questo caso la visibilità migliora già sensibilmente.
Si passa poi alle antenne in tonchino, di uso più raro e abbastanza simili alla plastica, però con una portata leggermente superiore rispetto ad essa.
Da ultime si passa alle antenne vuote, che oggi vanno di moda. Hanno il limite di essere più fragili e con una sensibilità ridotta. Hanno una ottima visibilità ma nell’ azione di pesca possono essere un po’ “dure”
Le grammature dei galleggianti sono sempre fedeli al dichiarato o ci sono delle minime differenze? Ad esempio, se prendiamo 10 galleggianti da 1 grammo, portano tutti gli stessi pallini dello stesso peso?
Quella non è questione di strati di vernice applicata ma solo di scelta di balsa. Normalmente le barre si controllano molte volte ma se in mezzo ad una barra di balsa c’è un nodino che altera l’anima del legno, il galleggiante può avere delle minime differenze ma quando queste ci sono è perché non ce ne accorgiamo. Può esserci un minimo margine di percentuale di differenza ma sono casi rari. Naturalmente non si possono pesare tre centimetri di balsa, le barre sono lunghe mezzo metro e quindi mi affido alla mia esperienza, che comunque mi aiuta molto.
Prendiamo due galleggianti tipici che hanno fatto la tua storia, uno per la roubaisienne per acque medio lente e un altro per canali con acque più veloci e profonde, parliamo del Luna e dell’Apache. Soprattutto qust’ultimo é un galleggiante molto caratteristico, che per forma non ha trovato dei cloni e si richiama alla sagoma di una papera.
L’idea dell’Apache mi è scaturita già quasi 20 anni fa, grazie ad un ingegnere tedesco anche lui appassionato di pesca, che mi fece produrre la “Papera”, un galleggiante il cui corpo basculava sul centro; ne sono stati venduti abbastanza ma erano galeggianti particolari, un po’ difficili da usare e allora c’era meno richiesta, in campo agonistico, di galleggianti specifici per la corrente forte e le vele erano ancora prodotti quasi sconosciuti, e così come forma è stata dismessa; dopo una quindicina d’anni ho voluto rifare un modello che, ripartendo dal concetto della “Papera”, ne sfruttasse le peculiarità di sensibilità e stabilità. Così é nato l’Apache, a forma di papera ma fisso e non basculante, che io uso normalmente dove trovo acque che muovono abbastanza e devo dire che ha avuto un ottimo risultato!
Questi galleggianti vanno bene per tutte le acque di canale?
Si, anche per il Circondariale di Ostellato va molto bene, tant’è che io quest’anno al Pasinetti ho usato proprio quello.
Ma se posso usare un gallegiante “normale” lo uso e il Luna è il mio preferito se trovo acqua ferma o poco mossa ma dove l’acqua si muove io uso sempre l’Apache.
Ma tu Gino che tipo di galleggiante preferisci utilizzare? Con anellino passafilo o a foro interno al corpo?
Personalmente preferisco il galleggiante con l’anellino laterale, perché quelli a filo passante possono alterare un po’ la portata, visto che dopo un po’ tende ad entrarci dentro una goccia d’acqua e bisogna togliere un pallino. Ultimamente abbiamo migliorato molto alcuni passaggi costruttivi ed il problema é molto meno evidente. Comunque la tendenza adesso è quella…
Hai in cantiere qualche nuovo prototipo di galleggiante che pensi di presentare al grande pubblico nei prossimi mesi?
Periodicamente la gamma si amplia o si modificano modelli già a catalogo. Ora sto lavorando ad un nuovo galleggiante che farò uscire prossimamente.
Insomma Gino, una grande passione che tu hai saputo trasformare anche in lavoro per tutta la tua famiglia. Adesso capisco perché tutte le domeniche hai una marcia in più rispetto agli altri, perché sai far viaggiare e affondare perfettamente i galleggianti nell’acqua, visto che nessuno li conosce meglio di te…
No, no, i miei galleggianti vanno sotto solo quando il pesce mangia, altrimenti è dura anche per me!
Per chi volesse vedere la produzione aggiornata di Gino Bacci basterà cliccare sul logo della barra dei banner sul lato dx della home.
Angelo – Alessandro