Campionato provinciale individuale 1991
Pesca sportiva: dopo la prova nel Destra Reno una sola tappa alla conclusione
Provinciali verso il traguardo
II campionato provinciale individuale, selezione per accedere agli italiani assoluti, si sta avviando alla conclusione, dopo l’effettuazione della terza e penultima prova che si è svolta nel canale Destra Reno a Sant’Alberto di Ravenna.
Anche questa prova, analogamente alla seconda di Anita ha visto gli agonisti di Forlì distribuiti in un tratto del campo gara, quello più a monte, certamente non era, dalla maggioranza, il più desiderato per svariati motivi che analizzeremo in seguito.
La poltrona migliore e le premure che ogni padrone di casa riserva ai suoi ospiti, non fanno certamente parte del mondo delle gare, anzi è diventato consuetudine il contrario.
E’ la legge di scelta del padrone che gli consente la priorità di accappararsi «sempre» i tratti migliori e più uniformi, lasciando agli altri le briciole che obiettivamente sono ben poca cosa.
Picchettaggio obbligato, quindi, del tratto alto di questo fosso, pardon canale, con molte ed evidenti, a priori, lacune di base.
1° pochissimo usato e quindi sconosciuto alla maggioranza;
2° è molto stretto e relativamente profondo (1 metro forse è esagerare)
3° interrotto da ponti e fili di alta tensione;
4° riva opposta frastagliata da sbocchi di fossi o fogne che, alla fine, si sono dimostrati nettamente vincenti.
Ma andando con ordine, bisogna come al solito partire dal sabato, giorno delle prove generali dove risultavano chiari a tutti due fattori:
a) prima di tutto non esisteva problema di pesce, in quanto l’abbondanza della cattura e la voracità di attacco delle esche facevano presagire, anche se a livelli minori, un’abbondante pescata a tutte le distanze da riva.
Poi era importante munirsi di machete, falce o attrezzi analoghi per liberare il prpprio posto gara dalle canne di palude alte più di un metro che, tipico dei campi gara poco usati, ricoprivano totalmente la sponda impedendo molte volte la vista dell’acqua.
Per il resto non si capiva molto, tranne che il pesce avrebbe mangiato sul fondo (vista la carenza di profondità) e che sarebbe stato necessario montare tutte le canne a partire dalle fisse da 7 a 10 metri, alla bolognese sfacciatamente vincente se il pesce si fosse allontanato verso la riva opposta.
poco credito invece all’inglese che poteva unicamente servire nell’eventualità di una gara misera.
Probabilmente il problema maggiore è stato l’amo da usare in quanto la notevole disparità dei soggetti presenti che da 30/40 grammi arrivavano ai 200, imponeva una scelta oculata e faceva presagire che alla fine anche la taglia delle catture avrebbe influito non poco sul risultato.
Con molti dubbi e poche certezze sul da farsi si attendeva, anche troppo vista l’ora del raduno, domenica mattina la distribuzione delle buste che, intelligentemente avveniva in due momenti diversi necessari per non intasare la stretta strada che fiancheggia il campo gara.
Con disappunto di tutti la prima cosa che si nota giunti sul canale è la notevole velocità dell’acqua verso valle ed il conseguente abbassamento di livello, ma non c’è tempo per pensare troppo, bisogna tagliare e anche parecchio per poter stendere adeguatamente tutte quelle masserizie che ognuno di noi si porta dietro (non sarebbe male anche qualche prova tecnica provinciale).
L’acqua fila a valle come una fucilata, strano ma vero per chi era li sabato. ma è ipotizzabile che ad un certo punto si fermi; è comunque d’obbligo allungare le bolognesi con le grammature maggiori (10/12 grammi), che sono un controsenso per pescare a 30 metri con 80 centimetri d’acqua, ma sembra comuaque l’unica tecnica possibile per cercare, come è necessario, di rimanere fermi.
In alternativa le fisse sono un’ottima scappatoia per trattenere correttamente il galleggiante non certamente leggero, anche se molti evidentemente ci credono poco.
La speranza di una fermata dell’acqua si è presto rivelata vana, poiche, in effetti, si è verificata solo nell’ultima mezz’ora di gara.
E’ stata la bolognese a dare la maggioranza delle vittorie del settore, ma anche le fisse sono servite in molti settori per raggiungere piazzamenti importanti, specialmente in quelli dove il pescato è risultato abbastanza scarso rispetto alla media.
Due i metodi di pesca possibili ed attuabili con la bolognese, entrambi molto difficili da eseguire correttamente, in quanto la necessità di dover strisciare con la torpille evidenziava diverse false mangiate che molte volte ti facevano tirare a vuoto oppure, in caso di cattura, perdere il pesce in fase di recupero per errore nel tempo di ferrata.
Comunque la tecnica migliore si è rivelata quella di cercare, per quanto possibile, di pescare in trattenuta, tenendo la canna molto alta per evitare che il filo in acqua facesse da traino.
Questa prima teenica, rispetto a coloro che hanno fatto «tirare» il galleggiante pescando con 40/50 centimetri in più di acqua, evidenziava mangiate più nette, specialmente se l’azione di pesca veniva esercitata a centro canale, dove i
carassi sensibili unicamente alla pastura potevano essere richiamati.
Altro particolare importante, che forse non tutti hanno notato, è stato l’instaurarsi a metà gara di due correnti sovrapposte: la superiore in continua discesa a valle, l’inferiore di risalita a monte che non solo hanno condizionato il luogo di pasturazione, ma soprattutto reso necessaria una continua regolazione del galleggiante per adeguarlo all’acqua in costante crescita.
Un ultima annotazione riguarda il picchettaggio singhiozzante per la rottura di alcuni settori e quindi creazione di terminali ulteriori.
Sicuramente non all’altezza di un campionato provinciale, ma certamente in sintonia, se vogliamo, all’andamento a sorpresa di quest’anno.
Loris Sintucci