RAGONESI VITTORIO: I MIEI RICORDI DI CAMPIONE DI PESCA
RAGONESI VITTORIO:
I MIEI RICORDI DI CAMPIONE DI PESCA
UN CAMPIONE FORLIVESE DELLA PESCA AL COLPO SI RACCONTA
VITTORIO RAGONESI CAMPIONE D’ITALIA 1974 E NAZIONALE AZZURRO AI MONDIALI IN POLONIA 1975 E IN SVIZZERA 1984
L’AGONISMO E’ STATO PER ANNI IL SUO MONDO
VESTENDO LA MAGLIA DELLA GLORIOSA PESCA SPORT FORLI’
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RAGONESI VITTORIO IERI
Ragonesi Vittorio classe 1942 insegnate di educazione fisica in pensione ho iniziato a pescare grazie ad un personaggio di Forlimpopoli “Fafin” che mi portava a pescare in vespa nel fiume. Avevo circa 10/12 anni e di li ho sempre avuto la passione della pesca.
Poi da grande ho incontrato Galletti Roberto e con lui ho iniziato a fare le gare di pesca al colpo.
Mi ha iniziato lui alle competizioni ed io avendo molto tempo libero il pomeriggio lo dedicavo a preparare le attrezzature e a cercare le esche. La società con cui ho iniziato è stata la Pesca Sport Forlì il cui presidente era Gino Balella; poi sono passato, dopo molti anni, con la società Le Aquile.
Le gare le ho iniziate a fare nel 1970 e la mia squadra era formata da Balella, Preda e Marri di Bagnacavallo, subito dopo arrivarono sempre da Bagnacavallo Tazzari e Botti con i quali formavamo una squadra molto competitiva a livello nazionale. Pescavamo nel campionato di Eccellenza e tutte le altre competizioni dal regionale, al provinciale al campionato italiano individuale.
In quegli anni le canne roubaisienne non esistevano e la pesca era a senso unico all’alborella con le canne fisse da 1 a 5 metri che usavamo anche per fare i cavedani nel fiume Pò. In quegli anni la società più forte che dominava era la Pasquino di Brescello ma poi siamo cresciuti anche noi. Loro avevano una pastura eccezionale e un pescatore bravissimo che si chiamava Friggeri, il loro Presidente che era veramente il numero uno in questa pesca dell’alborella.
Le gare di Eccellenza le facevamo un pò in giro in tutta Italia e mi ricordo i grandi laghi come il Turano vicino a Roma dove c’era dell’aborella molto grossa e i canali di bonifica.
Per il punteggio si assegnava 5 punti al pesce e 1 punto al grammo poi subentrò il 3 + 1 e alla fine 1 + 1 ma poi entrò in vigore la regola del pesce vivo, cioè il pesce si pesava e si ributtava ancora in acqua. L’alborella ad un certo punto sparì e venne fuori la pesca al carassio con la tecnica dell’inglese. La prima canna inglese la vidi usare al campionato del mondo in Polonia perché la nazionale inglese pescava così catturando pesci di taglia. Abbiamo provato a farla anche noi in Italia ma nessuno la sapeva fare bene a parte Trabucco Roberto che in quegli anni pescava con noi a Forlì. Era una tecnica sconosciuta della quale non conoscevamo nemmeno i galleggianti. Per arrivare in Nazionale nei primi anni 70 occorreva passare attraverso i campionati provinciali per poi salire fino al campionato italiano e poi la nazionale. Io nei campionati provinciali mi piazzavo sempre nelle prime posizioni. Quando vinsi il campionato italiano nel 1974 le gare erano tre nel Mincio, in un canale del Veneto e nel Po’ a Cremona. L’ultima gara nel Pò la vinsi con due cavedanelli e mi laureai campione italiano di pesca al colpo.
La gara non fù facile perché la sera prima un brutto temporale cambiò le condizioni dell’acqua e il pesce non voleva saperne di abboccare. Io ero nell’ultimo settore e nessuno prendeva un pesce. Il mio direttore sportivo Roberto Galletti che controllava la mia gara mi informò che un toscano di nome Maggi era riuscito a catturare due piccole alborelle pescando corto così Roberto mi consigliò di fare la stessa cosa e di pescare in mezzo alla sassaia dell’argine con una canna da 2 metri e così quasi sotto i piedi riuscì a prendere due cavedani piccoli di pochi grammi e con quei due pesci riuscì a fare il primo di settore.
Ricordo però che nelle due gare prima feci un primo e un secondo di settore e così vinsi con 4 penalità.
Mi ricordo che Galletti fece pesare il pesce del nostro settore senza il sacchetto perché siccome la grammatura era molto bassa se un avversario metteva un sacchetto bagnato o un cordone per legarlo più grosso poteva cambiare il risultato. Quindi pesarono i pesci senza sacchetti. In quel campionato riuscì a superare due concorrenti che si presentavano all’ultima gara con due primi. In quegli anni li c’erano pescatori molto forti come Tubertini, Orsucci, Chines, Bonzio, Pasinetti. Orsucci di Lucca costruiva le canne da alborella che erano le migliori d’Italia e per farle usava un legno dolce ed erano tutte sagomate che diventavano sottili e rigide fino alla punta che però rimaneva flessibile. Grazie alla mia vittoria nel campionato italiano 1974 la Maver ci sponsorizzò e mi forniva tutta l’attrezzatura di cui avevo bisogno. Una parte di questi attrezzi li ho conservati. In quegli anni c’era un altro forlivese molto bravo che era nel giro della nazionale un certo Monti Giancarlo e il ravennate che pescava con me Botti Luciano. Grazie alla mia vittoria l’anno dopo partecipai al campionato del mondo in Polonia e il CT era Carlo Chines di Lucca. Prima del mondiale Chines fece fare un raduno estivo ai componenti della nazionale. Ci allenammo ad usare il ver de vase un’esca molto diffusa all’estero.
La nazionale quell’anno si classificò 11°ma mentre io risultai il migliore degli italiani classificandomi 4° di settore.
Ricordo che stavo andando benissimo la mia gara perché facevo l’alborella che era la mia pesca ma il CT ci diede l’ordine di fiondare molti bigattini per preparare il fondo per il pesce grosso e così l’alborella sparì e il pesce grosso non arrivò.
Se continuavo con la mia pesca sarei arrivato sicuramente primo di settore.
In quell’anno del mondiale in Polonia gli inglesi prendevano le carpe con la canna inglese ma noi non conoscevamo quella tecnica.
Purtroppo avemmo una disavventura con le esche perché le larve di fouillis ci arrivarono completamente morte e così fummo tagliati fuori tant’è che tutti gli altri della nazionale andarono poco bene.
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RAGONESI VITTORIO OGGI
Negli anni successivi continuai a gareggiare ai massimi livelli nazionali rimanendo sempre nel giro del club azzurro e nel 1984 classificandomi terzo nelle selezioni riuscì ad entrare ancora nella nazionale azzurra per un altro campionato del mondo.
La selezione del club azzurro la facemmo nel Mincio a Pozzolo e mi salvai solo verso la fine della gara perché catturai alcuni pesci che mi fecero fare il quarto di settore e così guadagnai la nazionale per il mondiale in Svizzera.
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RAGONESI CON LA NAZIONALE AZZURRA DEL 1984
Erano gli anni di Gianni Guerra e Grisenti, Milo eravamo una bella squadra andammo a provare questo canale in Svizzera un mese prima, ma il giorno della gara le condizioni dell’acqua cambiarono, la corrente dell’acqua aumentò notevolmente per via delle idrovore e da questa situazione, alla quale non eravamo preparati, venimmo penalizzati. Nonostante tutto io andai comunque bene. Pescai a roubaisienne e ci classificammo quarti come nazionale.
Mi ricordo che per fare queste gare occorreva l’aiuto di altre persone perché senza una mano era impossibile pescare. C’era da lavorare molto per preparare la gara, sistemare la pedana, preparare 20 chili di pastura ogni gara e siccome non avevo nessuno che mi poteva aiutare, mentre gli altri erano sempre ben assistiti, decisi di ritirarmi alla vigilia dell’ultima prova del Club azzurro 1984. Pensa che mi trovavo terzo in classifica e così chiamai Chines e gli diedi la notizia che mi sarei ritirato. Troppo impegno e troppi sacrifici che da solo non riuscivo più a reggere. Perché fare le gare ad alto livello, come in tutti gli sport, se si vuole arrivare occorre metterci tantissimo impegno.
Ecco sono convinto che se avessi continuato avrei fatto anche il campionato del mondo l’anno successivo 1985 che si tenne a Firenze sull’Arno.
Nella pesca non è questione di fortuna; o uno si impegna o altrimenti il successo non arriva.
Io ho conosciuto dei pescatori forti come Barbetta che erano dei metodici incredibili, a pasturare con la fionda non sbagliavano una palla, tutte andavano a cadere nello stesso posto e così il pesce lo prendeva per forza. La pesca è fatta così, è tutta una questione di testa e di grande concentrazione. In una gara non conta il posto perché la gara la si deve fare contro altri nove che fanno parte del settore, pescatori che sono vicino e quindi occorre capire in fretta come fare per prendere un pesce in più degli altri. Uno può avere anche un posto brutto ma si ragiona e si studia l’escamotage vincente la gara può essere anche positiva. Nelle gare a squadre occorre prendere il pesce per raggiungere un buon piazzamento utile per la squadra. Io ricordo un campo di gara dove facevo sempre il primo, e questo era la Fiuma a Reggio Emilia. Li ero forte perché l’alborella la pescavo a galla con galleggianti da 3 x 8 e lenze con filo dello 0,6 buttando pastura liquida che faceva la macchia a galla. Li ero veramente imbattibile.
Poi venne fuori la pesca del carassio e venne fuori la società di Bagnacavallo dove pescavano garisti veramente bravi. La Pesca Sport Forlì aveva in squadra gente come Trabucco che veniva a pescare a Forlì e dormiva a casa di Rocchi.
Lui veniva per imparare a fare l’alborella e nello stesso tempo ci insegnava a pescare i cavedani nel Mincio con una piombatura molto scalata per pescare in corrente. Questo scambio culturale e di conoscenze lo facemmo anche con quelli di Bagnacavallo perché erano bravi a pescare i carassi di Ostellato. Così entrarono in società a Forlì Tazzari, Marri e Botti. Da Forlì eravamo io, Brunello Preda e Balella. La pesca del carassio la facevamo con la canna bolognese utilizzando galleggianti grossi per lanciare lontano e pasturavamo bigattini incollatti con l’ausilio di grosse fionde.
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RAGONESI IN PESCA NEL MONDIALE DEL 1974 IN POLONIA
Adesso invece si pesca quasi solo a roubaisienne. Poi partecipavamo ad una competizione a squadre che si chiamava Coppa dei campioni dove due squadre, da cinque garisti ciascuna, si sfidavano e chi passava andava avanti fino alla finale. Perdemmo una gara ad Ostellato contro una società di Padova perché quella gara la prendemmo sotto gamba. Eravamo talmente sicuri di vincere e invece i veneti ci fregarono perché loro andarono ad allenarsi e noi invece no.
Era la squadra di Marcellan dei Pescatori Padovani. Nella gara prima riuscimmo a battere la squadra di Milo che in quegli anni aveva un negozio di pesca a Milano. Io feci una gara incredibile. Quando feci il mondiale in Svizzera ero sponsorizzato da Tubertini il quale mi passò le canne e la roubaisienne per pescare. Ecco quello era l’unico vantaggio che avevo perché di soldi nella pesca non ne sono mai girati. Non come adesso che ci sono pescatori che percepiscono anche ingaggi importanti.
Noi guardavamo di più al divertimento.
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LA NAZIONALE AZZURRA DI RAGONESI VITTORIO (POLONIA 1975)
Le pasture che avevamo erano le migliori e le facevamo in società. Noi guardavamo chi era più forte di noi e così la pastura da alborella riuscimmo a farla come quella della Pasquino di Reggio Emilia. Adesso la pesca la pratico solo due mesi all’anno nel mare di Sardegna e anche lì all’inizio mi sono soffermato a guardare i pescatori locali come facevano a pescare e poi io ho cercato di migliorare le tecniche grazie alla mia lunga esperienza e ancora oggi pesco tanto pesce che finisce sempre in graticola.
Ricordo che i bigattini per la pesca dell’aborella, per la mia società della Pesca Sport, li preparavo sempre io andando negli allevamenti di Amadori a raccoglierli sotto le carcasse degli animali morti. Avere dei bigattini selezionati era un vantaggio perché con un bigattino prendevo 16/17 alborelle mentre gli altri dovevano cambiarlo spesso e per noi era un vantaggio enorme.
Mentre il fouillis lo andavo a raccogliere nei fossi dalle parti di Lugo mettendo delle calze di donna nell’acqua corrente per raccogliere queste larve che scorrevano in superficie. Mentre il ver de vase lo andavo a raccogliere nelle valli di Comacchio setacciando il pantano con dei valli ma era più difficile trovarlo. Per questa esca il nostro tecnico era Brunello Preda che conosceva dei posti particolari.
Stessa storia per i galleggianti che ci costruivavamo da soli. La mia fortuna fu quella di avere conosciuto Chines e Orsucci di Lucca. Orsucci costruiva i galleggianti migliori d’Italia e così usando la sua tecnica perfezionai dei galleggianti da acqua corrente che erano ricercati da tutti.
Questi galleggianti avevano il mio nome: galleggianti Ragonesi.
Gli ami per fare l’alborella erano i vecchi 5713 quelli della prima produzione ed io andavo in giro per l’Italia nei negozi a ricercarli. C’era Milo di Milano che diventava matto perché noi avevamo quegli ami che nessuno conosceva e lui no.
Ricordo che in alcune gare c’erano pescatori che preparavano la “mitragliatrice” cioè una serie di canne da alborella da 0,80 a 1,20 mt. tutte uguali già pronte per l’uso e così quando una era fuori uso si passava all’altra e si recuperava tempo prezioso. Nel lago di Fiabilandia a Rimini in una gara avevo a spalla Rocchi Tino che macinava alborelle in quantità industriale. Io ero tagliato fuori ma escogitai di allungare la pasturazione e la misura della canna fissa e così pescando più al largo riuscì a vincere la gara davanti ad un incredulo Rocchi Tino. Feci il primo assoluto con oltre 5 chili di pesce.
In quegli anni pescavo con la squadra della Pesca Sport Forlì ma Galletti, per avere più squadre per consentire anche ai giovani di pescare, si inventò la doppia società costituendo la Pescatori Romagnoli di Predappio. Invenzione che fu seguita poi anche da altre squadre in giro per l’Italia. Galletti era la nostra mente mentre io ero il braccio.
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RAGONESI VITTORIO IN MEZZO AI SUOI TROFEI
Andavo a Bologna a comprare i bigattini per tutta la squadra. Poi passai alla società Le Aquile dove rimasi per un pò di anni e nella quale pescai con Franco Donati che tra l’altro era stato un mio allievo a scuola.
Con lui ho fatto diverse gare e l’ho seguito quando lui era riuscito ad entrare nel giro del Club azzurro.
Un altro pescatore forte in quegli anni era Enrico Bonzio di Brescia, un vero pescatore come Trabucco, uno che dove pescava il pesce lo prendeva sempre. Io invece ero un pescatore più costruito anche se fin da bambino ero cresciuto con la passione della pesca. Il vecchio “Fafin” nascondeva sacchi di budella di pollo in buche lungo il fiume ed io andavo poi a raccogliere i bigattini per pescare. Erano anni quelli dal 50 al 60 che non c’era niente per pescare. I miei primi regali che ho chiesto ai miei genitori erano solo canne da pesca. Un altro mio maestro di pesca oltre a Galletti è stato anche Ricci Giancarlo di Santa Maria Nuova di Bertinoro. Un pescatore tra i migliori d’Italia che ha vinto un’infinità di gare. Era di un meticoloso da far paura. In ogni gara registrava il pesce che prendeva e il peso. Alla fine di ogni anno tirava le somme e metteva insieme numeri incredibili di dati e di medaglie tutte rigorosamente classificate.
Ogni giorno andavo a casa sua per parlare di pesca e di gare e mi ha insegnato davvero tanto. Purtroppo Giancarlo è morto e lo ricordo con grande affetto perché alla pesca ha dedicato tutta la sua vita. Pesca che lo vedeva sempre presente con l’aiuto di suo fratello che lo seguiva ovunque.
Con Ricci andavo a pescare i cavedani in inverno nel fiume Tronto. Ricci pescava nella Lenza Casalecchiese, una tra le più forti società di Bologna, ed era in forte competizione con Edo Galletti, il babbo di Roberto, che tra l’altro è stato anche lui un campione di pesca.
Sono andato a fare anche alcune gare in Svizzera nelle maratone di pesca. Erano gli anni che abbiamo visto per le prime volte le breme. Pesce che ancora in Italia non era arrivato.
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UN PREMIO RITIRATO DA RAGONESI VITTORIO
La pesca è destinata a ridimensionarsi perché è uno sport che richiede sacrifici e non ha le comodità di altri sport. Per esempio se uno vuole andare a calcio o a tennis i genitori li portano ma a pescare se uno non ha uno in famiglia che va a pescare è difficile che possa innamorarsi alla pesca.
Ragonesi Vittorio in arte “Baruga” è il nome che mi diede Galletti e che ancora oggi vengo chiamato dagli amici.
In ogni caso quelli sono stati anni meravigliosi, forse ho trascurato un pò la famiglia ma però io che volevo arrivare in alto dedicavo molto tempo alla pesca. Io la domenica facevo la gara e già al lunedì mi mettevo al lavoro per preparare la gara della domenica dopo.
Un agonista se vuole arrivare deve fare tutte le gare da quelle più importanti a quelle della parrocchia perché ogni gara ti insegna sempre qualcosa.
La stampa non ha mai dato troppo risalto a questo sport. C’era un giornalista che quando parlava di Ragonesi mi definiva l’”esperto pescatore forlivese”.
Oggi mi sono dedicato ad altre cose seguo i mercatini dell’usato e dell’arte moderna. Ogni tre anni devo cambiare la macchina perché giro tutta l’Italia e anche qui mi sono tolto delle soddisfazioni.
Ecco in tutte le cose per arrivare bisogna impegnarsi e nella pesca ancora di più perché il professionismo uno se lo deve fare da solo.
Io per esempio sono stato il primo in Italia ad avere la canna roubaisienne, era il 1974, andai in Francia da solo in auto a comprarla in un paese che si chiama Epinal, dove comprai questa canna da 7/8 metri costruita in metallo di lega leggera ma erano veramente pesanti.
Erano le prime roubaisienne che avevano il beccuccio al quale si legava l’elastico. Io la comprai e la andai a provare al lago di Quarto a Sarsina e chi mi guardava pensava che fossi un matto.
Non avevano mai visto quel tipo di canna e rimanevano stupiti.
Mi piacerebbe un giorno fare una pescata delle vecchie glorie con quelli con cui ho pescato per anni come Balella, Botti, Galletti, Monti e altri per riprovare per un giorno le emozioni di una volta.
Una sorta di rimpatriata delle vecchie glorie.
Chissà.
Un saluto a tutti i naviganti di MATCH FISHING da Vittorio Ragonesi della Pesca Sport Forlì.
Cesena 18/01/2009