LE MILLE FACCE DELLA PESCA
Andare a pesca nell’immaginario collettivo significa recarsi in un luogo con una canna per cercare di catturare qualche pesce.
A volte può capitare di andare in un posto e stare ore senza prendere nulla? sarà successo a tutti e vi siete mai accorti che la vostra concentrazione diminuisce se le abboccate non arrivano?
E cosa succede in quei momenti? solitamente ci si distrae a guardare l’ambiente che abbiamo attorno, magari fissiamo il volo di un’anatra, i salti di un piccolo forapaglie tra le canne, oppure ci attrae una rana che affiora curiosa tra le foglie delle ninfee.
Ed è proprio della rana che vi volgio parlare in questo articolo…
Nel nostro territorio nazionale la specie più comune è quella definita come rana verde, appartiene alla famiglia dei Ranidi nell’ordine degli Anuri.
La rana ha sempre colpito la fantasia dell’uomo grazie al particolare aspetto e soprattutto per il curioso ciclo vitale.
Leggende e credenze popolari sono legate a questo particolare anfibio, nell’antichità si credeva che le rane nascessero dalla terra fecondata dagli acquazzoni estivi oppure che essendo animali generati dalla pioggia potessero cadere direttamente dalle nuvole.
La riproduzione, la schiusa, la metamorfosi da girino a rana, sono fasi molto delicate che richiedono ambienti naturali tipici ed in equilibrio.
L’inquinamento, la scomparsa degli habitat, l’introduzione di specie predatorie alloctone sono alcune delle cause che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza delle rane.
La salvaguarda di questi anfibi è estremamente importante perchè sono considerati importanti bio-indicatori dello stato di salute degli habitat acquatici in cui vivono.
I girini contribuiscono a mantenere pulita l’acqua e impediscono il proliferare delle alghe di cui sono ghiotti, le rane adulte mangiando insetti contribuiscono attivamente alla lotta biologica nei confronti della zanzara e altri insetti nocivi e sono anche un importante anello della catena alimentare: la loro scomparsa metterebbe a rischio la sopravvivenza di altre specie animali che se ne cibano.
La legge regionale Emilia Romagna 22 febbraio 1993 n. 11 all’ art. 25 disciplina la “cattura delle rane”, la quale è consentita a chi è in possesso della licenza di pesca, limitatamente a quelle di interesse alimentare “rane verdi” , è vietata dal 1 gennaio al 30 giugno e non può superare il numero massimo giornaliero di cinquanta capi.
Oggi è così ma una volta le cose erano ben diverse.
Dalle mie parti, una volta, quasi tutti andavano a rane e solitamente erano coloro che andavano anche a caccia e a pesca, ma andare a rane era più bello.
Lo potevano fare tutti, sempre di notte con il lume a carburo, perlustrando stagni e fossi dove le rane vivevano a migliaia.
Addirittura le famiglie nel dopo guerra con al “ranoci” ci vivevano, e assicuravano il sostentamento perchè altro da mangiare non c’era.
Le catturavano con le mani, abbagliate dalla luce, si lasciavano prendere con facilità, messe in un sacco di tela di juta venivano portate a casa dove le donne provvedevano allo loro pulizia e alla cottura nei vecchi tegami di terracotta.
Chi di notte non voleva avventurarsi, ci andava di giorno, utilizzando poca attrezzatura. Bastava una canna di canneto sulla cui punta veniva legato un grosso filo da pesca acquistato a metri dall’armaiolo del paese e su un grosso uncino veniva messo un qualcosa che le attirasse.
Il fiocchetto rosso di lana era micidiale oppure si cercava di catturare una rana piccola, la cui testa veniva usata come esca.
La cattura della rana con la rudimentale canna era anche divertente, si faceva ballare l’esca davanti al naso della rana e si aspettava il suo assalto immediato.
Ci sono zone dell’Italia in cui le rane si sono proliferate enormemente come nel caso delle risaie, ambienti straordinari grazie al calore umido e torbido dell’acqua.
Nonostante la pesca della rana sia stata abbandonata così non si può dire per le sagre ad essa dedicate e nel periodo estivo in alcuni paesini della bassa la festa della rana si ripete ogni anno attirando estimatori da ogni parte.
In Romagna, ma non solo, le sagre dedicate alla rana sono una attrazione devastante per i buongustai servite in umido o fritte insieme ad una fetta di polenta e ad un buon bicchiere di trebbiano è una specialità imperdibile sì, perché quest’animale dall’aspetto non proprio invitante è da sempre considerato una delizia per il palato..
La carne è delicata e di colore bianco, e va mangiata “spiluccando” le ossicine di cui è composta.
Ricordo quando da bambino a scuola le usavamo per impaurire la maestra mettendole nel cassetto della cattedra.
La maggior parte della carne di rana consumata in Italia proviene o dai paesi balcanici (Romania ed ex Jugoslavia in primo luogo, oppure dalla Turchia, nazione in cui questo anfibio rappresenta ancora una fonte di reddito e di sostentamento per molti.
Ci trovavamo in Serbia di recente in occasione del mondiale per clubs e nelle ore del pomeriggio per passare il tempo ci siamo avventurati lungo l’argine del fiume Danubio e a valle della città di Golubac abbiamo scoperto un’ansa che poi con il passare degli anni si è chiusa trasformandosi in laghetto pieno di vegetazione e di rane.
Non una, ma centinaia e centinaia, che hanno invogliato alcuni di noi a farne oggetto di caccia prima e di fritto poi.
Detto fatto, nella prima spedizione, Claudio Magli alias “CACO” ne fa fuori un centinaio in un’ora; nella seconda spedizione ci prova Fulvio Vanoli con un’altro centinaio di rane e nel terzo assalto ci ho provato io e Ivano Innocenti prendendone insieme un altro centinaio.
Il problema non è stato catturarle ma prepararle per l’olio bollente ma tutto si è risolto grazie alla grande esperienza in materia del nostro nostro cuoco da campo Claudio Magli.
Vi risparmio le fasi della pulitura, ma vi posso assicurare che ospiti stranieri hanno guardato curiosi, filmato tutte le operazioni di preparazione e apprezzato poi il consumo.
Insomma un modo divertente per trascorrere qualche ora lontano da casa, dalle bistecche o dal pesce del nostro Adriatico, ma soddisfatti per avere goduto di un cibo di una volta ma sempre attuale se preparato come si deve.
Grazie Caco, per l’ottima cucina che ci hai fatto trovare, la pasta e soprattutto le rane rimarranno un ricordo indelebile anche grazie a queste foto.
CRA..CRA..UNA RANA IN ATTESA DELLA LENZA
UN’ALTRA ANCORA, ….MA QUANTO SONO FORTE A RANE!
ADESSO TOCCA A ME …TI FACCIO VEDERE IO..
UN’ALTRA…NOTARE IL DANUBIO SULLO SFONDO
MA SIAMO SICURI CHE SIANO RANE?
GARA FINITA: CINQUANTA RANE IN MEZZ’ORA PER IVANO
cLAUDIO MAGLI E FULVIO VANOLI AL LAVORO DI SQUOIATURA..
LA PREPARAZIONE IN CUCINA CON LE RIPRESE TELEVISIVE
CACO FELICE CON IL SUO BOTTINO
QUESTA E’ QUASI COTTA: PAROLA DI CACO!
VOI NON CAPITE NIENTE DI FRITTO…PAROLA DI CHEF
COMPLIMENTI CHEF LE TUE ERANO COTTE BENE! CRA CRA…
Ricette con le rane
Oltre alla classica rana fritta, fritta cioè in abbondante olio di semi dopo averla passata in una pastella a base d’uovo e farina (come ha fatto CACO), la rana può essere gustata alla griglia, cosparsa dopo la cottura con un infuso di olio di oliva, rosmarino sminuzzato e limone.
C’è anche chi la preferisce marinata in un preparato di aceto, aglio e foglie di salvia. Passati alcuni giorni, il tutto viene gustato soprattutto come antipasto.
In umido, ricetta classica dell’Emilia Romagna, in questo caso le rane vengono soffritte in olio, aglio e prezzemolo. Poi, a metà cottura, un mezzo bicchiere di vino bianco servirà a conferire quel tocco di grazia in più, indispensabile a prepararle a un’abbondante dose di pomodoro.
I buongustai assicurano che il sapore della carne di rana è assai simile a quello della carne di coniglio. Provare per credere.